L'Artico, per l'aumento delle temperature globali, si riscalda, rilascia l'acqua fredda derivante dallo scioglimento dei ghiacci e risucchia l'acqua calda dagli oceani circostanti, accelerando così la sua deglaciazione. Si sarebbe innescato quello che gli scienziati chiamano un «feedback positivo», ossia un meccanismo di retroazione capace di amplificare il fenomeno di riscaldamento iniziale.
FEEDBACK - È questa l'ultima ipotesi formulata
da un gruppo di geofisici dell'Università di Boulder, Colorado, per spiegare la drastica riduzione dei ghiacci sia marini sia terrestri in corso nelle regioni del Circolo polare artico, il surriscaldamento locale che è doppio rispetto alla media globale, e la concomitante crescita del livello medio degli oceani. «I modelli climatici attuali non includono molti dei feedback che noi stiamo scoprendo e per questo motivo le passate proiezioni sui futuri cambiamenti del livello dei mari non sono attendibili, devono essere riviste», esorta William W. Hay, uno dei geologi maggiormente impegnato in queste ricerche. La scoperta dei meccanismi di amplificazione del riscaldamento globale è stata annunciata nel corso dell'annuale riunione della Geological Society of America che si è svolta a Charlotte (Nord Carolina), con un'intera sessione dedicata al tema della risalita dei mari.
da un gruppo di geofisici dell'Università di Boulder, Colorado, per spiegare la drastica riduzione dei ghiacci sia marini sia terrestri in corso nelle regioni del Circolo polare artico, il surriscaldamento locale che è doppio rispetto alla media globale, e la concomitante crescita del livello medio degli oceani. «I modelli climatici attuali non includono molti dei feedback che noi stiamo scoprendo e per questo motivo le passate proiezioni sui futuri cambiamenti del livello dei mari non sono attendibili, devono essere riviste», esorta William W. Hay, uno dei geologi maggiormente impegnato in queste ricerche. La scoperta dei meccanismi di amplificazione del riscaldamento globale è stata annunciata nel corso dell'annuale riunione della Geological Society of America che si è svolta a Charlotte (Nord Carolina), con un'intera sessione dedicata al tema della risalita dei mari.
RIALZO - Il punto di partenza sono i dati aggiornati sul tasso di crescita del livello dei mari, raccolti dai satelliti Topex e Jason che sono dotati di altimetri radar di alta precisione. Gli ultimi dieci anni di rilevamenti evidenziano un tasso di crescita di 3 millimetri all'anno (Fig.1), superiore alle stime più prudenziali. Se si dovesse mantenere questo ritmo, a fine secolo arriveremmo a una risalita media delle acque globali ben superiore alla previsione di 0,5 metri contenuta nell'ultimo rapporto dell'Ipcc (2007), con impatti disastrosi sulle coste basse e densamente popolate di tutto il mondo. Il rialzo dei mari è dovuto in parte a un effetto di dilatazione termica e in parte all'acqua proveniente dai ghiacciai continentali che mostrano un sensibile regresso in varie regioni del mondo, in particolare nei territori artici, con evidenze massime in Groenlandia e Canada.
Questa mappa (fig.2) mostra le variazioni del livello del mare avvenute in passato e i cambiamenti che potrebbero verificarsi in futuro. Un aumento di un metro entro la fine di questo secolo non sembra attualmente un evento estremo. Tuttavia fa riflettere. La mappa è stata realizzata da Emanuel Soeding della Christian-Albrechts University, in collaborazione con il US National Oceanic & Atmospheric Administration con l'ausilio dello strumento Etopo2v1. MINIMO STORICO - In tutta l'area artica, nell'ultimo secolo, le temperature medie sono aumentate di oltre 2 gradi, cioè tre volte di più rispetto alla media globale; nello stesso tempo, l'estensione della banchisa (i ghiacci che poggiano sul mare) si è ridotta drasticamente. Lo scorso mese di settembre è stato registrato il minimo storico stagionale da quando vengono effettuate misure precise per mezzo dei satelliti: 3,41 milioni di km quadrati, contro i 7,5 milioni degli anni Settanta. Ai fini della risalita dei mari, i ghiacci marini che si liquefanno danno un contributo irrilevante, in quanto essi già gravano con il loro peso sulle acque e il passaggio di stato non altera sensibilmente i livelli; rilevantissimo, invece, si sta rivelando il meccanismo di auto-amplificazione del riscaldamento che essi hanno innescato, stando alle ricerche degli scienziati di Boulder.
BANCHISA - Nonostante la banchisa sia formata da ghiacci marini, con l'aggiunta superficiale delle precipitazioni, essa risulta poco salata perché, al momento della transizione dalla fase liquida a quella solida, il sale viene in gran parte espulso. Cosicché lo scioglimento della banchisa nei periodi di caldo più intenso e prolungato, causa l'immissione in mare di acque relativamente più fresche e dolci di quelle circostanti. Negli ultimi anni, sostengono gli scienziati di Boulder, la maggiore abbondanza di questo contributo fresco e dolce ha attivato nuovi schemi di circolazione che comportano il richiamo da sud verso nord di acque più calde e salate. Queste ultime accelerano lo scioglimento dei ghiacci, esponendo al Sole parti sempre più vaste di oceano Artico. Poiché l'albedo (potere riflettente) degli oceani è molto basso rispetto a quello della banchisa e delle superfici innevate in genere, ne consegue che più ghiacci si sciolgono e più la regione artica assorbe radiazione solare, riscaldandosi ulteriormente e mettendo a rischio l'esistenza anche dei ghiacciai continentali. Per farla breve, il Nord del nostro pianeta si starebbe avvitando in un meccanismo infernale di riscaldamento che scatena ancora più caldo, i cui esiti appaiono imprevedibili.
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