mercoledì 31 maggio 2017

La Foresta di Pietra nella provincia dello Yunnan in Cina

Fotografia pubblicata su guidadiviaggio.it
Fotografia pubblicata da misadventuresmag.com

Dove ora c'é la cosiddetta 'Foresta di Pietra' o Shilin, circa 270 milioni di anni fa si estendeva un mare poco profondo. I grandi depositi di pietra arenaria sono stati sovrastati dal calcare accumulatosi in questo Bacino durante il periodo Permiano. L'innalzamento di questa regione si è verificato successivamente alla deposizione e all'esposizione degli agenti atmosferici come il vento e le precipitazioni, che hanno modellato queste guglie rocciose cosi come noi le possiamo ammirare oggi. Fonte: University of Huston - A Virtual Field Trip to the Stone Forest, Kunming, Republic of China.

Il primate più antico viveva sugli alberi e non sul terreno

Il primate Torrejonia ricostruito da April Neande.
Uno studio pubblicato su The Royal Society che analizza uno scheletro parziale del più antico primate scoperto nel Nuovo Messico, datato 62 Ma, suggerisce che i nostri antenati vivevano sugli alberi e non sulla terra. Lo scheletro è stato scoperto nel Bacino di San Juan da Thomas Williamson, curatore del Museo di Paleontologia al New Mexico Museum of Natural History & Science, e dai suoi figli gemelli, Taylor e Ryan. Lo studio dimostra che Torrejonia, un piccolo mammifero proveniente da un gruppo estinto di primati chiamati Plesiadapiformi, possedeva delle caratteristiche scheletriche adatte a vivere sugli alberi, rappresentate da dei giunti flessibili che servivano per arrampicarsi e aggrapparsi ai rami. In precedenza, i ricercatori proposero che, i Plesiadapiformi appartenenti ai Palaechthonidae, la famiglia cui appartiene Torrejonia, fossero terrestri, questo, secondo i dati basati sui dettagli anatomici dei fossili cranici e dentali che sono coerenti con gli animali che si nutrono di insetti a terra.  Secondo l'autore principale dello studio, Stephen Chester, un assistente presso il Brooklyn College, City University di New York e  co-curatore del Museo di Paleontologia dei Vertebrati alla Yale Peabody Museum, "Questo è il più antico scheletro parziale di un plesiadapiforme puro che dimostra senza dubbio, che la loro vita fosse prevalentemente arboricola. Ora abbiamo prove anatomiche dalla giunzione delle spalle, del gomito, dell'anca, del ginocchio e della caviglia che ci permettono di valutare dove vivevano questi animali". Lo studio, che é stato pubblicato oggi 31 maggio, sostiene l'ipotesi che i Plesiadapiformi, che comparvero poco dopo l'estinzione di dinosauri non aviani, furono i primi primati. I ricercatori sostengono inoltre che i nuovi dati forniscono ulteriori prove che tutti i primati geologicamente più vecchi conosciuti da resti scheletrici, che comprendevano diverse specie, fossero arboricoli.

domenica 28 maggio 2017

La valle di Quebrada de Humahuaca, un sito geologico di notevole importanza

Catena montuosa dell'Hornocal, a 25 chilometri dalla città di Humahuaca nella provincia di Jujuy in Argentina. Fotografia pubblicata da Paula Colantonio su argentravel.es.
Cerro de los Siete Colores (La Collina dai Sette Colori). La storia geologica di questa formazione é abbastanza complessa. Il blocco si é creato in seguito alla deposizione dei sedimenti marini, ed é stato scolpito successivamente dall'erosione di correnti fluviali, infine, le spinte tettoniche hanno innalzato la roccia che ora è visibile in tutto il suo splendore.
Fotografia pubblicata da Paula Colantonio su argentravel.es.

La struttura raffigurata nella foto é composta da pieghe, anticlinale e sinclinale, con rocce del Cretaceo superiore nello strato inferiore, mentre lo strato più recente é del Paleocene inferiore. La parte retrostante é costituita da rocce dell'Ordoviciano,
La valle di Quebrada de Humahuaca situata nella provincia di Jujuy in Argentina é un sito geologico di notevole importanza nominata il 2 Luglio del 2003 Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO.  La litologia ci suggerisce ché questa struttura é composta da scisti, quarziti abbastanza morbide, peliti e ardesie della formazione Precambriana di Puncoviscana, da arenaria quarzosa molto resistente, quarziti della formazione Cambriana del gruppo Mes'on e da peliti facilmente erodibili del gruppo Santa Victoria dell'Ordoviciano. Bibliografia: (Ramos et al.,1967; Turner,1970;Amengual and Zanettini,1974).

martedì 23 maggio 2017

Il Graecopithecus freybergi scoperto in Grecia potrebbe rappresentare la specie più antica di ominide?

Modello di Elevazione Digitale della Regione greca Attica A, e della Bulgaria meridionale (Tracia) B. da
  Böhme et al., (2017).
Illustrazione di Velizar Simeonovski, Fuss et al., (2017),
Due studi pubblicati su PLoS ONE, Fuss et al., (2017) Böhme et al., (2017), relativi a due fossili di 7,2 milioni di anni provenienti dall'Europa meridionale, suggeriscono che i deiscendenti degli esseri umani si separarono dalle grandi scimmie centinaia di migliaia di anni prima di quanto ipotizzato in precedenza, quindi circa 7 milioni di anni fa. Grazie al sequenziamento del DNA, sappiamo che i nostri antenati e gli scimpanzè (Pan troglodytes) si separarono da un antenato in comune, ma c'è un dibattito acceso sulla tempistica e sull'ubicazione di questa separazione evolutiva. Ora, una squadra internazionale di ricercatori afferma di aver trovato l'ominide più antico, sfidando le attuali teorie sulle origini dell'evoluzione del genere Homo. In un nuovo studio, i ricercatori hanno riesaminato il Graecopithecus freybergi, una specie poco conosciuta dalla tassonomia incerta, originariamente descritta da un fossile trovato nel 1944 in Grecia. Nel 2012, all'osso della mascella del Graecopithecus freybergi venne montato un premolare del Graecopithecus trovato in Bulgaria datato 7.24-7125 Ma, quindi del Messiniano superiore. Utilizzando la tomografia computerizzata e le ricostruzioni 3D delle radici e della struttura interna dei denti fossilizzati, gli scienziati hanno individuato alcune caratteristiche degli esseri umani moderni e dei loro antenati primitivi, osservando la fusione delle radici dei premolari. Madelaine Böhme, durante un intervista ha affermato che: “Gli ominidi possedevano due o tre radici separate e divergenti, invece le radici del Graecopithecus risultavano convergenti e parzialmente fuse, una caratteristica dell’uomo moderno e di molti ominidi, tra cui l'Ardipithecus e l'Australopithecus” David Begun dell'Università di Toronto, coautore dello studio, ha dichiarato su ScienceAlert: "Se questo fossile rappresenta veramente quello di un essere umano, potrebbe essere l'antenato più antico conosciuto dell'uomo e il primo ad essere identificato al di fuori dell'Africa". Ovviamente, questo studio necessita di ulteriori conferme per poter affermare con certezza che questa specie di ominide possa essere la più antica, come spiega Elena Dusi su cinquantamilacorriere.it. Tuttavia, Julien Benoit un Paleontologo dei vertebrati nonché paleobiologo, hs affermato in un intervista su The Conversation, che non ci sono prove sufficienti da poter attribuire un origine europea al genere Homo. L'origine africana dell'umanità (Hominini) è attualmente supportata da due elementi molto importanti. In primo luogo, migliaia di fossili di hominini sono stati trovati sul suolo africano dal momento che il primo ominino africano, l'Australopithecus africanus, è stato scoperto in Sudafrica nel 1924. Dopodiché, ci sono state quasi un secolo di scoperte di fossili che hanno dimostrato che l'evoluzione dell'ominina fosse avvenuta nel Continente africano. Questi fossili vanno dal Sahelanthropus, che visse tra sei e sette milioni di anni fa in quello che è oggi il Ciad, al più recente Homo sapiens proveniente dall'Africa orientale. In secondo luogo, i nostri parenti più vicini, gli scimpanzé e i gorilla provengono anch'essi dall'Africa. I nostri ultimi antenati vivevano tra gli otto a dodici milioni di anni fa in Africa,  questo suggerisce che l'origine dell'umanità è profondamente radicata in Africa. Ciò lascia poco spazio per una presunta origine europea.  I Neanderthal si estinsero in Europa tra i 41.000 e 39.000 anni fa, con l'ultimo gruppo che scomparve dal sud della Spagna 28.000 anni fa. Il confronto del DNA tra i Neanderthal e l'Homo sapiens suggerisce che entrambi si discostarono da un antenato comune tra i 350.000 e 400.000 anni fa. Questo antenato era probabilmente l'Homo heidelbergensis. Heidelbergensis ebbe origine tra gli 800.000 e 1.300.000 di anni fa, e visse fino a circa 200.000 anni fa.

giovedì 18 maggio 2017

Perché non c'é il pericolo di un imminente eruzione nella Caldera dei Campi Flegrei?

Struttura della Caldera dei Campi Flegrei
Il Dirigente di Ricerca dell'Osservatorio Vesuviano Giuseppe De Natale, autore dello studio che é stato travisato, spiega sul gruppo dei Geologi italiani il motivo per cui non vi é attualmente una risalita di magma che determini l'innalzamento del suolo. "Perchè le stesse variazioni geochimiche nelle fumarole escludono che attualmente ci sia presenza di magma in livelli superficiali. Le ipotesi di Chiodini le abbiamo ampiamente e dettagliatamente confutate, indicando anche la sorgente dei 'malintesi' (ossia degli errori nel trattamento termodinamico). Per quanto riguarda l'ipotesi del 'Lago di magma' (D'Auria et al., 2015) si basa su un modello, quello di Macedonio et al. (non ricordo la data, dovrebbe essere 2013) che rappresenta una situazione 'ad hoc' non compatibile con quella flegrea (dovrei dire anche in questo caso 'è errato', ma in realtà matematicamente funziona e fisicamente no). In parole povere, gli autori ipotizzano che l'episodio di maggior sollevamento del periodo 2012-2013 sia imputabile ad un afflusso di magma in superficie; ma quell'espisodio, analogamente a quelli del 1989, 1994, 2000, 2006, implica un piccolo sollevamento e poi un abbassamento (solo che nel 2013 non si vede l'abbassamento perchè l'episodio si sovrappone ad un trend in salita). Ora, non c'è alcuna possibilità reale che un magma in risalita produca prima un sollevamento e poi un abbassamento (Macedonio et al. dicevano fosse possibile, ma appunto il loro modello è fisicamente irrealistico). Queste sono le uniche due ipotesi 'primarie', il resto dei lavori sono più o meno 'copie', ossia con dati poco vincolanti che poi vengono 'pilotati' nelle conclusioni 'in accordo' ai lavori più 'accreditati'. Ovviamente, quando dico che 'non c'è magma negli strati superficiali' mi riferisco al periodo 2005-2017. Perchè dal 1970 al 1984 (in un intervallo non definibile tra le due date) i dati geochimici indicano chiaramente che ci fu migrazione di magma in strati superficiali (circa 0.1 km3 di magma intruso). Ma questo magma, sempre dai dati geochimici, risulta non più attivo (cioè solidificato per raffreddamento) dal 2003 circa". Riferimento bibliografico: Moretti et al., (2017) A geochemical and geophysical reappraisal to the significance of the recent unrest at Campi Flegrei caldera (Southern Italy).

martedì 16 maggio 2017

Radiazioni cosmiche in aumento del 13 per cento dal 2015

Nel grafico abbiamo: in ascissa il tempo e nell'ordinata i valori dei raggi cosmici
Il grafico mostra l'aumento delle radiazioni cosmiche rilevate dal Marzo 2015 fino a Maggio del 2017
Immagine del NASA/JPL-Caltech/SwRI

Quasi una volta alla settimana, Spaceweather.com e gli studenti di Earth to Sky Calculus liberano dalla California i palloni aereostatici che raggiungono la stratosfera. Questi palloncini sono dotati di sensori che rilevano le radiazioni dei Raggi Cosmici. I raggi cosmici possono sfiorare le nuvole, attivare un fulmine e penetrare negli aeroplani. Inoltre, ci sono vari studi ( 1, 2, 3, 4) che collegano li collegano all'aumento delle aritmie cardiache e alla morte cardiaca improvvisa. Le ultime misurazioni mostrano che si sono intensificate del 13% dal 2015. Ma perché aumentano? La ragione principale è il Sole. Quando si verificano le Esplosioni di Massa Coronale (CME), queste spazzano via i raggi cosmici prima che raggiungano la Terra. Durante il Massimo Solare, i CME sono abbondanti e i raggi cosmici sono contenuti. Attualmente, il Ciclo Solare si muove verso il minimo solare, permettendo il ritorno dei raggi cosmici. Un altro motivo potrebbe essere l'indebolimento del campo magnetico della Terra, che aiuta a proteggerci dalla radiazione spaziali.

venerdì 12 maggio 2017

L'ultimo viaggio dell'ammonite

Siamo a Solnhofen, 150 milioni di anni fa, (Titoniano). In una laguna poco profonda e semi-tropicale un guscio di Ammonite ormai deceduto viene trasportato dalla corrente per 8,5 metri. Sono state rinvenute tracce fossili di altri ammoniti nel calcare di Solnhofen ma mai nessuna é stata così lunga. Il gruppo di ricerca ha utilizzato una tecnica di modellazione 3D per digitalizzare l'intero percorso, infine, i paleontologi hanno assemblato ben 600 fotogrammi per realizzare il filmato intero. Lo studio, Lomax et al., (2017), ha evidenziato che l'ammonite deceduto potrebbe aver galleggiato  per un determinato periodo di tempo nella colonna d'acqua, prima che avvenisse la dissipazione dei gas che gli consentivano di galleggiare. Durante l'affondamento, raggiunse il fondale della laguna e venne trasportato dalle correnti. Questo significa anche che l'ambiente marino era molto calmo, con una corrente costante, tipico di una laguna con acque poco profonde. Se la corrente fosse stata più forte, l'ammonite avrebbe probabilmente rimbalzato. 
Traccia di Ammonte fossilizzata su calcare esposta presso un Museo. Foto di Àlex Ossó.

Traccia di Ammonte fossilizzata su calcare esposta presso un Museo. Foto di Àlex Ossó

Scoperto in Perù l'antenato più antico delle balene, il Mystacodon selenesis

Scavo dello scheletro fossile del Mystacodon selenesis scoperto a Media Luna, nel deserto costiero del Perù (foto G. Bianucci).
  Lambert et al., (2017)
Illustrazione artistica di Alberto Gennari
In un’area desertica del Perù, dove ora c'é Media Luna, un piccola communità che si trova a 12 minuti dalla città di Urubamba, sono stati rinvenuti alcuni reperti fossili di un misticeto risalente a 36 Ma. che possedeva ancora - in dimensioni ridotte - gli arti inferiori e i denti. La scoperta molto importante sotto il profilo evolutivo di questo sottordine di cetacei, é stata effettuata da un gruppo Internazionale di paleontologi e di geologi delle Università di Pisa, di Camerino, dei Musei di Storia naturale di Parigi, Bruxelles e Lima, ed è stata pubblicata sulla rivista Current Biology, O. Lambert et al., (2017). Il ritrovamento di questo fossile é avvenuto in una zona ormai nota ai geologi, conosciuta come il Bacino di Pisco, in cui sono stati scoperti diversi reperti di antichi rettili marini, squali e uccelli. L'area nel tardo Eocene, era ricoperta dal mare, in seguito, a causa delle spinte tettoniche ha subito un sollevamento rendendo possibili le varie scoperte. Giovanni Bianucci, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che ha partecipato allo scavo e allo studio del fossile spiega in un intervista rilasciata alla National Geographic: “Era una balena molto diversa da quelle che nuotano nei nostri mari, in quanto conservava caratteri primitivi, come la presenza delle zampe posteriori, seppur estremamente ridotte, e denti robusti. In più era più piccolo delle balene di oggi: meno di quattro metri di lunghezza, contro gli oltre 30 raggiunti dalla balenottera azzurra. Le scoperte precedenti, in particolare quelle relative ai basilosauri, gli ultimi archeoceti, avevano ben documentato i passaggi dalla terra ferma al completo adattamento all’ambiente acquatico. Ma era ancora poco chiaro come fosse avvenuto il passaggio dai basilosauri ai due gruppi ancora viventi, gli odontoceti e i misticeti. È interessante notare come questo misticeto fosse dotato, come i basilosauri, di zampe anteriori, caratteristica che non si ritrova invece più nei misticeti viventi”. Claudio Di Celma, geologo della Scuola di Scienze e Tecnologie dell’Università di Camerino che ha curato lo studio stratigrafico dell’area di ritrovamento del fossile, spiega, in un intervista rilasciata alla National Geographic: “Lo studio ci ha permesso di datare il reperto in modo preciso. Abbiamo raccolto numerosi campioni di roccia nei diversi strati affioranti, compreso quello che conteneva lo scheletro della balena; i microfossili trovati all’interno dei campioni hanno permesso al collega Etienne Steurbaut di datare a 36 milioni di anni fa i resti del cetaceo”.

lunedì 8 maggio 2017

Una nuova teoria sulla formazione della crosta terrestre


Più del 90% della crosta continentale della Terra è costituito da minerali ricchi di silice, come il feldspato e il quarzo. Ma da dove proviene questo materiale arricchito di silice?