mercoledì 2 maggio 2018

L'attività vulcanica e elevati livelli di mercurio alla base dell'estinzione di massa dell'evento Kellwasser

Schema dell'evento Kellwasser (F-F) e della conseguente crisi suddivisa in due fasi (basato su Gereke e Schindler, 2012), e relativi eventi vulcanici dopo Winter (2015, la sua figura 2). B: Ubicazioni dei siti F-F studiati per abbondanza di Hg, rispetto alla prossimità inferenziale a grandi province ignee di grandi dimensioni (LIP, dopo Kravchinsky, 2012; Ernst, 2014; paleogeografia tardo-devoniana dopo Golonka et al., 1994). Immagine elaborata da Racki et al., (2018).
L'ultima estinzione di massa che si verificò nel Devoniano, circa 370 milioni di anni fa, denominata evento Kellwasser, che sterminò l'80 per cento delle specie, é stata causata da un imponente e duratura attività vulcanica associata ad elevate immissione di mercurio nella troposfera. Il gruppo ha analizzato le rocce provenienti dal Marocco, dalla Germania e dalla Russia settentrionale, tutte risalenti allo stesso breve intervallo geologico risalente a 372 milioni di anni fa, poco prima del limite Frasniano-Famenario. Oltre a diffondersi in due continenti, le rocce variavano dallo scisto nero, allo scisto grigio e al calcare, con uno spessore che da pochi centimetri poteva raggiungere alcuni metri. Eppure, tutti condividevano una caratteristica in comune particolarmente sorprendente: un picco di mercurio più elavato di centinaia di volte rispetto al normale. In altre estinzioni di massa, ingenti valori di mercurio, sono stati strettamente connessi con episodi vulcanici di grande intensità. In effetti, sottolinea Racki, il mercurio è diventato per le catastrofi terrestri ciò che l'iridio è per le estinzioni causate da impatti asteroidali o meteoritici. E conclude che: "Il mercurio come impronta geochimica del vulcanismo appare decisivo nella nuova fase sugli studi sull'estinzioni di massa". Riferimento scientifico: Mercury Rising: New evidence that volcanism triggered the late Devonian extinction - The Geological Society of America.

domenica 15 aprile 2018

Nuove prove dell'alluvione Zancleana nel Bacino del Mediterraneo

Stratigrafia sismica del Bacino Occidentale Ionico, estratto da
 Micallef A. et al., (2018).

Aaron Micallef dell’Università di Malta e Angelo Camerlenghi dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS hanno scoperto una quantità considerevole di sedimenti che sono stati erosi e trasportati da un alluvione catastrofica avvenuta 5,33 milioni di anni fa. Prima di questo studio, si ipotizzava che l'alluvione zancleana avesse nuovamente riempito il Bacino del Mediterraneo determinando la fine della Crisi di Salinità del Mar Mediterraneo. Ora, esistono prove che ovviamente dovranno essere confermate da ulteriori indagini. La crisi di salinità messiniana (MSC), che rappresenta il cambiamento ambientale più improvviso su scala globale dalla fine del Cretaceo, è stata ampiamente associata alla quasi totale evaporazione del Mar Mediterraneo. Rimane una questione aperta e importante, il modo in cui le normali condizioni marine sono state bruscamente ripristinate alla fine della MSC. In questo studio Micallef A. et al., (2018), pubblicato su Scientific Reports,  sono stati utilizzati i dati geologici e geofisici per identificare un corpo sedimentario estensivo, sepolto e caotico, depositatosi nel bacino ionico occidentale dopo i massicci sali messiniani e prima della sequenza sedimentaria marina aperta del Plio-Quaternario. I ricercatori dimostrano che questo corpo è coerente con il passaggio di un'alluvione catastrofica avvenuta nel Bacino del Mediterraneo attraverso un passaggio siciliano sud-orientale. I risultati dello studio forniscono le prove che il corpo sedimentario identificato rappresenta il giacimento più ampio della più estesa e intensa alluvione verificatasi sulla Terra. La crisi di salinità del messiniano (MSC) è stato un evento paleo-oceanografico eccezionale che ha interessato la regione mediterranea da 5,97 a 5,33 Ma. Una temporanea restrizione dello Stretto di Gibilterra e l'espansione della Calotta polare Antartica hanno indotto uno squilibrio tra l'evaporazione e la quantità di acqua marina, trasformando il Mar Mediterraneo in un gigantesco lago ipersalino e determinando la deposizione di sequenze di sali spessa chilometri. Considerando il campionamento delle sequenze sedimentarie della MSC durante il Deep Sea Drilling Project (DSDP) negli anni '70, l'ipotesi dell'alluvione Zancleana, è stata considerata uno scenario plausibile per la cessazione della MSC. Tuttavia, la presenza di depositi lacustri salmastri in cima ai sali messiniani è stata utilizzata per mettere in discussione questa ipotesi, suggerendo invece una fuoriuscita di acqua di Paratethyan (ex Mar Nero) seguita da un afflusso atlantico una volta riempito il bacino del Mediterraneo. Secondo la catastrofica teoria delle inondazioni, i rilievi topografici del bacino del Mediterraneo hanno subito un'erosione estesa che dovrebbe essere identificabile nei sedimenti più a valle. Tuttavia, le prove per la deposizione del materiale eroso sono state finora elusive.