L'uomo é capace di innescare terremoti in una varietà di modi: aumentando lo stress nel sottosuolo tramite il peso dell'acqua contenuta all'interno di una diga o pompando liquidi sottoterra a una determinata pressione. La maggior parte dei terremoti indotti tuttavia, di solito hanno una magnitudo bassa. Foto: AGU / USGS |
Questo studio ha permesso di capire come le variazioni del campo di stress a medio-bassa profondità, indotte da attività umane, possano influenzare l’attività sismica di faglie locali con dirette conseguenze nella valutazione della pericolosità sismica.
Lo studio, a cura dei ricercatori: Pablo González, Kristy F. Tiampo, Mimmo Palano (INGV), Flavio Cannavò (INGV), José Fernández ha messo in evidenza la possibile relazione tra l’attività di un segmento di faglia e lo stress sugli strati di terreno circostante, indotto dal pompaggio dal 1960 ad oggi, di grandi volumi d’acqua sotterranea, a scopi irrigui, dall’esteso bacino acquifero di Alto Guadalentin, confinante con la faglia.
Lo studio ha investigato in dettaglio la dinamica del terremoto di magnitudo 5.1 che ha interessato la parte meridionale della Spagna, nei pressi della città di Lorca. L’analisi dei dati di deformazione del suolo ha permesso di stabilire che il terremoto ha avuto un ipocentro a circa 2-4 km di profondità, lungo la faglia nota in letteratura con il nome “Alhama de Murcia”.
Ulteriori studi di questo tipo permetteranno una migliore quantificazione della pericolosità sismica con un possibile impatto sulla prevenzione sismica.
Mimmo Palano, co-autore della ricerca sottolinea: “il terremoto di Lorca è stato un terremoto di origine tettonica, ma lo sfruttamento della falda acquifera da parte dell’uomo sin dal 1960 ha causato una variazione del campo di stress locale, che sommandosi a quello regionale (tettonico) ha “aiutato” la faglia a generare il terremoto. Considerando questi importanti risultati, ad oggi stiamo continuando la ricerca utilizzando modelli matematici più complessi e prendendo in considerazione le aree sismogenetiche per le quali esiste una ingente quantità di dati. L’Italia è una di queste”. Riferimento: Ufficio Stampa INGV
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