domenica 22 novembre 2015

Lo stoccaggio e l'estrazione degli idrocarburi in Pianura Padana non sono sicuri a causa dell'elevato rischio sismico

Schema semplificato del nord Italia in cui sono evidenti le pieghe causate dalla forza di compressione esercitata dell'Appennino meridionale verso le Alpi. La posizione delle scosse più intense, determinate della sequenza del terremoto avvenuto in Emilia nel maggio 2012, è indicata con le stelle rosse. Il rettangolo giallo evidenzia l'area di studio: Modificato da Vannoli et al. (2015). Tratto da Mucciarelli et al. (2015).
Fonte dell'Immagine: Slideshare. 
Un gruppo di ricercatori italiani hanno identificato e descritto in uno studio, Mucciarelli et al., (2015) il nesso tra l'estrazione degli idrocarburi e gli eventi sismici avvenuti in Emilia nel 2012. Lo studio ha analizzato un totale di 455 pozzi perforati costruiti per l'estrazione degli idrocarburi, olio e gas: 190 dei quali sono risultati essere produttivi, mentre 227 erano sterili e non sono stati mai sfruttati.
La geologia delle unità nella pianura è generalmente omogenea e non può spiegare la differenza in termini di produttività. Quindi, i ricercatori si sono chiesti quale fosse la causa. Di solito il petrolio e il gas sono intrappolati nelle rocce di argilla ricche di idrocarburi che fungono da rocce madri. Gli idrocarburi poi migrano e si accumulano nei serbatoi, che sono formati da rocce permeabili e porose come le arenarie. Queste a loro volta, sono racchiuse da un'unità di sigillatura costituita da argillite o calcare microporoso, che impedisce agli idrocarburi accumulati negli strati porosi la fuoriuscita all'esterno. Perché un serbatoio possa essere produttivo, la roccia di copertura deve essere priva di faglie che potrebbero consentire ai fluidi di fuoriuscire, tuttavia, questo non è garantito in una zona soggetta a terremoti come la Pianura Padana. Mucciarelli et al. evidenziano che i terremoti di M ≥ 5.5 hanno il potenziale di muovere le faglie causando nuove rotture, nonché, di far scivolare sulle faglie esistenti, le rocce di copertura determinando la fuoriuscita degli idrocarburi rendendo i serbatoi improduttivi, quindi inefficaci. La loro argomentazione è stata rafforzata perché sono stati identificati un certo numero di pozzi sterili raggruppati attorno alle faglie che hanno causato i terremoti nel 2012, mentre i pozzi produttivi si trovano a pochi chilometri di distanza. Attraverso un'analisi statistica i ricercatori sono stati in grado di definire le caratteristiche delle aree produttive e sterili in modo più dettagliato. Essi hanno scoperto che gli anticlinali più ampi hanno meno probabilità di essere strutturalmente integri, di conseguenza, le faglie più profonde potrebbero essere all'origine dei terremoti. Durante le fasi di prospezione sono stati individuati dei pozzi improduttivi. Al contrario, le aree dei pozzi produttivi delimitano aree incapaci di generare grandi eventi sismici che minacciano l'integrità dei serbatoi. In genere, questi coincidono con gli anticlinali più piccoli. Questi risultati hanno implicazioni non solo per l'industria petrolifera e del gas, ma anche per gli impianti di stoccaggio sotterraneo.  In Emilia, era in progettazione un deposito di Metano (CH4) in un giacimento petrolifero esaurito proprio sopra la zona sorgente del terremoto verificatosi nel maggio del 2012. La ricerca pubblicata sul sito dell'European Geosciences Union (EGU), in combinazione con i risultati di un precedente studio di Evans nel 2008, dimostra che quando si progetta un impianto di stoccaggio di gas in zone tettonicamente attive, dovrebbe essere data la preferenza ai giacimenti di gas o di petrolio esauriti. Gli autori riconoscono che la Pianura Padana è stata uno caso di studio ideale in cui testare la loro ipotesi. Ora per convalidare pienamente i risultati, si attendono ulteriori conferme in altre regioni che producono idrocarburi, come la California, il Nord Africa e il Medio Oriente.

Nessun commento:

Posta un commento