giovedì 25 giugno 2015

Un ritorno del Grande Minimo Solare potrebbe influenzare gli inverni europei ed orientali degli Stati Uniti ma non fermare il riscaldamento globale

L'immagine raffigura le variazioni di temperatura durante l'inverno (da dicembre a febbraio), i giorni di gelo tra (a) CTRL-8.5 (2050-2099) e il periodo storico (1971-2000), (b) le proiezioni future dello studio con i due scenari: EXPT-A e CTRL-8.5 (2050-2099) e (c) EXPT-B e CTRL-8.5 (2050-2099). Qui, i giorni di gelo corrispondono a una temperatura di superficie minima giornaliera <0 °C. La punteggiatura bianca indica un intervallo di confidenza del 95%.

Il grafico mostra i tre scenari futuri delle oscillazioni solari, che comprendono la Radiazione Ultravioletta (UV) e la Radiazione Solare Totale (TSI).  
 
L'immagine evidenzia, tramite le differenti colorazioni, la differenza di temperatura in prossimità della superficie espressa in °C tra (a) EXPT-A e (b) EXPT-B e CTRL-8.5 per il periodo compreso tra il 2050-2099. I contorni bianchi continui indicano l'intervallo di confidenza, quindi una precisione approssimata al 95%.
Una nuova ricerca condotta dal Met Office, pubblicata su Nature Communications, Ineson s. et al. (2015), sostiene che una eventuale riduzione dell'Attività Solare - che non si osservava da secoli - potrebbe aumentare le probabilità di avere inverni leggermente più freschi in Europa e nella zona orientale degli Stati Uniti, tuttavia, questo non provocherebbe un arresto del Riscaldamento Globale.
Lo studio del Met Office, è tra i primi ad osservare gli impatti climatici regionali - nell'eventualità che si verifichi un possibile 'Grande Minimo Solare' - riconducibili alle fluttuazioni solari misurate dal numero di macchie  presenti sulla superficie della stella, in un orizzonte temporale di 100-200 anni. Alcuni astrofisici sostengono che l'attività del Sole si stia progressivamente riducendo avviandosi verso l'estremità inferiore di questo ciclo - l'ultima volta questo si verificò con il cosiddetto 'Minimo di Maunder' che si concluse 300 anni fa. Ciò coincise con inverni più freddi nel Regno Unito e in Europa, una delle prove fu il congelamento del fiume Tamigi. I climatologi hanno condotto delle ricerche per valutare quanto sia importante l'impatto sulle temperature globali, in particolare nel contesto del cambiamento climatico. Il nuovo studio ha utilizzato un modello climatico per simulare le condizioni tra il 2050 e 2099 secondo lo scenario RCP 8.5 (che presuppone il livello più elevato delle concentrazioni di carbonio), che include un livello minimo di Maunder. Come è stato confermato in altri studi, l'impatto globale della riduzione dell'Attività Solare fu relativamente modesto, con un raffreddamento di circa -0.1 °C, un valore esiguo rispetto al riscaldamento antropico previsto a causa dei gas serra, che risulta di diversi gradi superiore. A livello regionale, lo studio ha rilevato un raffreddamento maggiore per il Nord Europa, il Regno Unito e le zone orientali del Nord America, soprattutto durante l'inverno. Ad esempio, per il Nord Europa il raffreddamento sarà compreso nell'intervallo tra -0.4 a -0.8 °C. Gli inverni saranno complessivamente più caldi, ma questo suggerisce un relativo aumento di inverni più freddi in queste zone durante un possibile Grande Minimo Solare. Sarah Ineson, scienziata e autrice principale della ricerca condotta dal Met Office, ha affermato che: "l'impatto di un Grande Minimo Solare modererebbe solo temporaneamente il riscaldamento che ci aspettiamo dal cambiamento climatico in futuro. Questa ricerca dimostra che gli effetti di un Grande Minimo Solare saranno più probabili su scala regionale ma non a livello globale. Questo significa che, anche se dovessimo vedere un ritorno dei livelli di Attività Solare che non si osservavano dal Minimo di Maunder, i nostri inverni sarebbero complessivamente più miti". I ricercatori hanno concluso che questa variazione solare significativa è abbastanza importante da includere nella valutazione degli impatti regionali dei futuri cambiamenti climatici. Amanda Maycock, una scienziata che lavora presso l'Università di Cambridge e il National Centre for Atmospheric Science, suggerisce che: "Date le prospettive dell'attività solare, per noi è importante considerare il potenziale impatto delle variazioni di UV (Radiazione Ultravioletta) quando osserviamo il clima futuro". Sarah Ineson conclude: "Questo studio dimostra che il Sole non ha intenzione di salvarci dal Riscaldamento Globale, ma potrebbe avere un impatto a livello regionale che dovrebbe essere valutato nelle scelte da intraprendere sull'adattamento ai cambiamenti climatici per i decenni a venire." Lo studio è stato realizzato da una collaborazione avvenuta tra gli scienziati del Met Office, l'Università di Cambridge, l'Università di Oxford, l'Università di Reading nel Regno Unito, e dell'Università del Colorado negli Stati Uniti. Nel Luglio 2015 la ricercatrice Valentina Zharkova, scettica sul riscaldamento di natura antropica, ha presentato uno studio al National Astronomy Meeteng 2015, in cui afferma che il Sole ridurrà l'attività solare del 60% nel 2030. Tuttavia, I dati ipotetici presentati dalla Zharkova non sono stati revisionati, quindi attualmente non c'é una pubblicazione che li convalidi. Anche l' Istituto Nazionale di Astrofisica ha smentito lo studio della Zharkova sul sito MEDIA INAF. Allo stesso modo Michael Mann, climatologo e geofisico che lavora presso la Pennsylvania State University, smonta sul Washington Post i dati della Zharkova, compreso l'astronomo Phil Plait su Slate.com.  

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