L'ultima estinzione di massa che si verificò nel Devoniano, circa 370 milioni di anni fa, denominata evento Kellwasser, che sterminò l'80 per cento delle specie, é stata causata da un imponente e duratura attività vulcanica associata ad elevate immissione di mercurio nella troposfera. Il gruppo ha analizzato le rocce provenienti dal Marocco, dalla Germania e dalla Russia settentrionale, tutte risalenti allo stesso breve intervallo geologico risalente a 372 milioni di anni fa, poco prima del limite Frasniano-Famenario. Oltre a diffondersi in due continenti, le rocce variavano dallo scisto nero, allo scisto grigio e al calcare, con uno spessore che da pochi centimetri poteva raggiungere alcuni metri. Eppure, tutti condividevano una caratteristica in comune particolarmente sorprendente: un picco di mercurio più elavato di centinaia di volte rispetto al normale. In altre estinzioni di massa, ingenti valori di mercurio, sono stati strettamente connessi con episodi vulcanici di grande intensità. In effetti, sottolinea Racki, il mercurio è diventato per le catastrofi terrestri ciò che l'iridio è per le estinzioni causate da impatti asteroidali o meteoritici. E conclude che: "Il mercurio come impronta geochimica del vulcanismo appare decisivo nella nuova fase sugli studi sull'estinzioni di massa". Riferimento scientifico: Mercury Rising: New evidence that volcanism triggered the late Devonian extinction - The Geological Society of America.
mercoledì 2 maggio 2018
domenica 15 aprile 2018
Nuove prove dell'alluvione Zancleana nel Bacino del Mediterraneo
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Stratigrafia sismica del Bacino Occidentale Ionico, estratto da Micallef A. et al., (2018). |
Aaron Micallef dell’Università di Malta e Angelo Camerlenghi
dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale -
OGS hanno scoperto una quantità considerevole di sedimenti che sono stati
erosi e trasportati da un alluvione catastrofica avvenuta 5,33 milioni
di anni fa. Prima di questo studio, si ipotizzava che l'alluvione
zancleana avesse nuovamente riempito il Bacino del Mediterraneo
determinando la fine della Crisi di Salinità del Mar Mediterraneo. Ora,
esistono prove che ovviamente dovranno essere confermate da ulteriori
indagini. La
crisi di salinità messiniana (MSC), che rappresenta il cambiamento
ambientale più improvviso su scala globale dalla fine del Cretaceo, è stata ampiamente
associata alla quasi totale evaporazione del Mar Mediterraneo. Rimane una
questione aperta e importante, il modo in cui le normali condizioni
marine sono state bruscamente ripristinate alla fine della MSC. In questo studio Micallef A. et al., (2018), pubblicato
su Scientific Reports, sono stati utilizzati i dati geologici e geofisici per identificare un corpo
sedimentario estensivo, sepolto e caotico, depositatosi nel bacino ionico
occidentale dopo i massicci sali messiniani e prima della sequenza
sedimentaria marina aperta del Plio-Quaternario. I ricercatori dimostrano
che questo corpo è coerente con il passaggio di un'alluvione catastrofica avvenuta nel
Bacino del Mediterraneo attraverso un passaggio
siciliano sud-orientale. I risultati dello studio forniscono le prove
che il corpo sedimentario identificato rappresenta il giacimento più ampio della più estesa e intensa alluvione verificatasi sulla Terra. La
crisi di salinità del messiniano (MSC) è stato un evento paleo-oceanografico
eccezionale che ha interessato la regione mediterranea da 5,97 a 5,33
Ma. Una
temporanea restrizione dello Stretto di Gibilterra e l'espansione della Calotta polare Antartica hanno indotto
uno squilibrio tra l'evaporazione e la quantità di acqua marina, trasformando il Mar
Mediterraneo in un gigantesco lago ipersalino e determinando la
deposizione di sequenze di sali spessa chilometri. Considerando
il campionamento delle sequenze sedimentarie della MSC durante il Deep Sea
Drilling Project (DSDP) negli anni '70, l'ipotesi dell'alluvione Zancleana, è stata considerata uno scenario plausibile per la cessazione
della MSC. Tuttavia,
la presenza di depositi lacustri salmastri in cima ai sali messiniani è
stata utilizzata per mettere in discussione questa ipotesi, suggerendo
invece una fuoriuscita di acqua di Paratethyan (ex Mar Nero) seguita da un afflusso atlantico una volta riempito il bacino del Mediterraneo. Secondo
la catastrofica teoria delle inondazioni, i rilievi topografici del
bacino del Mediterraneo hanno subito un'erosione estesa che dovrebbe
essere identificabile nei sedimenti più a valle. Tuttavia, le prove per la deposizione del materiale eroso sono state finora elusive.
martedì 19 dicembre 2017
Un nuovo satellite dell'ESA per monitorare la qualità dell'aria con una maggiore precisione
Un nuovo
satellite dell'ESA utilizzato per l'osservazione della Terra denominato Sentinel-5P è dotato
di uno strumento avanzato di monitoraggio dell'atmosfera che può
eseguire la scansione della Terra con una risoluzione maggiore rispetto a
qualsiasi altro strumento in orbita. Il nuovo
spettrometro collocato a bordo della navicella rivela gli inquinanti
presenti nell'atmosfera del nostro pianeta con una definizione senza precedenti. Sentinel 5P è in grado di
tracciare gas quali biossido di azoto, ozono, formaldeide, anidride
solforosa, metano e anidride carbonica, importanti per la qualità
dell'aria e del clima. L'immagine mostrata sopra evidenzia l'inquinamento da Biossido di
azoto presente in Europa il 22 novembre 2017. Le concentrazioni più elevate sono
sopra la Pianura Padana e nella Germania occidentale,
probabilmente associate alla combustione di combustibili fossili
proveninenti dall'industria e dal traffico stradale. Riferimento: Advanced Satellite Tracks Air Pollution in Extraordinary Detail.
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Questa mappa globale mostra la concentrazione del biossido di azoto nella troposfera rilevata dallo strumento di monitoraggio dell'ozono ubicato a bordo del satellite Aura, nel 2014. Riferimento: New NASA Satellite Maps Show Human Fingerprint on Global Air Quality. |
Aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi estremi di origine antropica
L'American Meteorological Society (AMS) ha pubblicato una relazione dal titolo 'Explaining Extreme Events from a Climate Perspective', in cui dimostra come alcuni eventi estremi non si sarebbero verificati in un clima preindustriale. Gli
eventi a cui si riferisce il rapporto sono stati il caldo record del 2016, il caldo in tutta l'Asia e l'ondata di calore registrata al largo della costa dell'Alaska. Altri
tipi di eventi meteorologici estremi dell'edizione di quest'anno
includono le ondate di calore oceaniche, gli incendi boschivi, le tempeste di neve,
le gelate, le intense precipitazioni, la siccità e gli eventi estremi di
caldo e di freddo osservati sulla terraferma. Nel
rapporto di quest'anno sono state esaminate diverse ondate di calore sulla terraferma e negli Oceani, tranne una, in cui hanno trovato un nesso tra il cambiamento
climatico e l'aumento della gravità degli eventi. Mentre i cambiamenti climatici causati dall'essere umano hanno mitigato la temperatura invernale in Cina, non hanno influenzato
la tempesta degli Stati Uniti Jonas che ha colpito il Medio Atlantico
nell'inverno del 2016. In
questo rapporto, ventuno dei ventisette articoli di questa edizione
hanno identificato il cambiamento climatico come un fattore determinante
di un evento, mentre altri no. Dei 131 documenti ora esaminati in questo studio negli ultimi sei
anni, circa il 65% ha identificato un ruolo per il cambiamento
climatico, mentre circa il 35% non ha riscontrato un effetto
apprezzabile.
sabato 16 dicembre 2017
La faglia di Piqiang in Cina fotografata dal Satellite Landsat 8
La
faglia di tipo trascorrente sinistro a Piqiang in Cina, fotografata dal
Satellite Landsat 8 il 30 Luglio del 2013. I colori riflettono le
rocce che si sono formate in tempi e ambienti differenti. Gli strati
rossi in alto, rispetto alla sequenza, corrispondono ad arenarie del
Devoniano, composte da antichi sedimenti fluviali, mentre gli strati
verdi sono arenarie del Siluriano formatesi in un oceano moderatamente
profondo. Gli strati color crema sono costituiti da calcari del
Cambriano-Ordoviciano che si sono depositati in un oceano poco profondo. Riferimenti Bibliografici: Faults in Xinjiang - NASA Earth Observatory.
L'Italia durante l'Ultimo Massimo Glaciale
L'Italia durante l'Ultimo Massimo Glaciale o glaciazione Würm nella
regione alpina, che iniziò circa 115.000 anni fa e terminò 11.700 anni
fa. Secondo il Centro Meteo Lombardo, le temperature medie dell'Europa centrale, nei mesi più caldi erano di circa 5°C e in periodi invernali particolarmente rigidi si raggiungevano e si superavano i –40°C, mentre la media era di –20°C. Le varie zone climatiche del Wurmiano nell’area Europea erano traslate più a sud con la seguente distribuzione: Le aree che nella Fig.2 erano coperte dai ghiacci sono da considerarsi le regioni dal clima del gelo perenne. L’ Europa centro occidentale aveva un clima freddo della tundra (Temperature estive massime di 9°C e T invernali medie di –20°C ). Il clima temperato freddo (ora in Finlandia) era presente nelle regioni tra l’ Ungheria e la Romania. Il clima temperato fresco delle foreste di latifoglie si posizionava in quelle aree che ora godono del clima Mediterraneo. Il clima Mediterraneo interessava le regioni Nord Africane, la Sicilia, e la parte più meridionale della penisola Iberica. Durante questa glaciazione i livelli dei mari si abbassarono di
oltre 120 m. Riferimenti Bibliografici: Litho-palaeoenvironmental Maps of Italy During the Last Two Climatic Extremes, Climex Maps - LGM Map of Italy, Last Glacial Maximum in Europe, EGU
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Becker, D., Verheul, J., Zickel, M., Willmes, C. (2015): LGM paleoenvironment of Europe – Map. CRC806-Database, DOI: http://dx.doi.org/10.5880/SFB806.15. |
mercoledì 22 novembre 2017
Il monitoraggio degli aerosol per studiare le correnti atmosferiche
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Monitorare gli aerosol trasportati dai venti permette agli scienziati di osservare le correnti atmosferiche. Il video e l'immagine che ho pubblicato mostrano una ricostruzione dell'itinerario del sale marino, della polvere e del fumo avvenuto dal 31 luglio
al 1° novembre del 2017. Il primo dettaglio che si nota è rappresentato dalla lunga percorrenza delle particelle di aerosol. Il fumo degli incendi visibile nel Nord-Ovest del Pacifico viene catturato in un sistema meteorologico e trasportato fino all'Europa. Gli uragani si formano al largo della costa africana e attraversano l'Atlantico per poi scaricare la loro energia negli Stati Uniti. La polvere del Sahara viene trasportata nel Golfo del Messico. Per comprendere l'impatto degli aerosol, gli scienziati devono studiare il processo rappresentato come un Sistema Globale. Il gruppo di studio del Global Modeling and Assimilation (GMAO) del Goddard Space Flight Center della NASA ha sviluppato il Goddard Earth Observing System (GEOS), un nuovo modello matematico realizzato per l'osservazione dei fenomeni atmosferici. Le simulazioni del supercomputer, combinate con i dati dei satelliti della
NASA, migliorano la nostra comprensione
scientifica inerente a specifici processi chimici, fisici e biologici. Durante
la stagione degli uragani del 2017, le tempeste sono state visibili a causa
del sale marino che veniva catturato dalle medesime. I venti intensi presenti in superficie hanno sollevato il sale marino nell'atmosfera inglobando le particelle all'interno della tempesta. L'uragano Irma è la prima grande tempesta che si é generata al largo delle coste dell'Africa. Mentre si elevava in quota, la polvere sahariana veniva assorbita dalle
goccioline delle nuvole e infine eliminata sotto forma di
pioggia. Questo processo avviene con la maggior parte delle tempeste, ad eccezione dell'uragano Ophelia. Formatosi
più a nord come la maggior parte delle tempeste, Ofelia viaggiò verso est
raccogliendo polvere dal Sahara e dai grandi incendi del
Portogallo. Mantenendo il suo stato di tempesta tropicale più a nord di qualsiasi
altro sistema nell'Atlantico, Ofelia trasportò il fumo e la polvere in
Irlanda e nel Regno Unito. Le
simulazioni al computer che utilizzano i modelli GEOS consentono agli
scienziati di vedere come i diversi processi si adattano e si evolvono
come un sistema. Utilizzando modelli matematici per rappresentare i processi atmosferici, possiamo
separare il sistema in varie sezioni e comprenderne meglio le leggi fisiche che li governano.
Link abbreviato:
http://svs.gsfc.nasa.gov/12772
Questo articolo fa parte di queste serie:
GEOS-DAS
Hurricanes
Narrated Movies
Autori:
Matthew R. Radcliff (USRA): Lead Producer
Aaron E. Lepsch (ADNET Systems, Inc.): Technical Support
William Putman (NASA/GSFC): Lead Scientist
Anton S. Darmenov (NASA/GSFC): Scientist
Ellen T. Gray (ADNET Systems, Inc.): Narrator
Aaron E. Lepsch (ADNET Systems, Inc.): Technical Support
William Putman (NASA/GSFC): Lead Scientist
Anton S. Darmenov (NASA/GSFC): Scientist
Ellen T. Gray (ADNET Systems, Inc.): Narrator
Pe questo articolo citare il:
NASA's Goddard Space Flight Center
NASA's Goddard Space Flight Center
http://svs.gsfc.nasa.gov/12772
Questo articolo fa parte di queste serie:
GEOS-DAS
Hurricanes
Narrated Movies
mercoledì 15 novembre 2017
La fauna del mare interno Cretacico
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Le rocce sedimentarie dimostrano che il Canale accoglieva un mare caldo e tropicale, infatti sono state rinvenute anche diverse alghe calcaree. |
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La fauna marina, che visse durante il Cretaceo, nel canale interno occidentale. |
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Carta geologica del Cretaceo realizzata da Ron Blakey. |
Durante il Cretaceo, il canale interno occidentale divideva l'America settentrionale in due grandi porzioni di isole continentali. Il
mare di Niobrara era caldo e poco profondo, circa 800 metri, copriva 1,7 milioni di
chilometri quadrati di pianura costiera, compresa l'attuale provincia di
Alberta, circa 74 milioni di anni fa. Il mare interno occidentale ospitava rettili marini come i predatori all'apice mosasauridi, che potevano raggiungere anche i 17 metri di lunghezza, i plesiosauri, pesci ossei come lo Xiphactinus lungo 5 metri, squali e invertebrati come i molluschi cefalopodi, ammoniti e belemniti. Nel cielo volavano uccelli come l'Hesperornis e l'Ichthyornis, e grandi pterosauri come il Nyctosaurus e lo Pteranodon. Tuttavia, questo canale interno scomparve circa 72 milioni di anni fa, in quanto si innalzò il fondale sabbioso a causa delle spinte delle placche tettoniche, lasciando uno
spesso strato di depositi marini noti come la Formazione di Bearpaw. Riferimento: Royal Tyrrell Museum.
martedì 7 novembre 2017
Tredici istituti di ricerca americani attribuiscono all'uomo la causa del surriscaldamento globale degli ultimi 140 anni
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Raffronto eseguito con misurazioni strumentali dal 1880 tra forzanti climatici naturali e antropici, da Canty et al., (2013). |
Il 3 Novembre del 2017 un gruppo di scienziati ha rilasciato una nuova relazione che
spiega come i cambiamenti climatici stiano influenzando il clima
negli Stati Uniti e quali saranno i futuri scenari. Lo studio del Climate Science Special Report (CSSR) afferma: "È estremamente probabile che l'influenza umana sia stata la causa
dominante del riscaldamento riscontrato dalla metà del XX secolo". Conclude la relazione. "Per il riscaldamento del secolo scorso, non esiste una spiegazione
alternativa convincente sostenuta dalla portata delle prove
osservazionali". E le prove osservazionali dell'origine antropica sono molteplici. Migliaia di studi esposti nel documento dimostrano che stanno aumentando le temperature superficiali, atmosferiche e oceaniche; i ghiacciai si fondono; si sta riducendo la copertura della neve; l'estensione del ghiaccio marino; aumenta il livello del mare; l'acidificazione dell'Oceano; aumentano l'intensità e la frequenza delle piogge, degli uragani, delle ondate di calore, degli incendi e della siccità. La relazione descrive meticolosamente come questi effetti possano
essere ricondotti in larga misura alle attività umane e alle relative
emissioni di gas ad effetto serra. Ad
esempio, senza grandi riduzioni delle emissioni, l'aumento della
temperatura media annua globale, rispetto ai tempi preindustriali,
potrebbe raggiungere i 5 °C o più entro la fine di questo secolo. Nonostante vi sia stato un rallentamento nei valori delle emissioni, questa tendenza al rallentamento
non limiterebbe il cambiamento della
temperatura media globale a 2 °C, rispetto ai livelli
preindustriali, entro la fine del secolo. La National Oceanic and Atmospheric Administration è la principale agenzia amministrativa che ha collaborato alla stesura del nuovo studio. Altre agenzie coinvolte includono la National Aeronautics and Space Administration e il Dipartimento per l'Energia; insieme ai rappresentanti dei laboratori nazionali, delle università e del settore privato hanno. Riferimento: Eos: Earth & Space Science News How Will Climate Change Affect the United States in Decades to Come?
venerdì 3 novembre 2017
Osservata la correlazione tra l'espansione dei fondali oceanici e gli eventi sismici
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Topografia del fondale oceanico della NOAA. |
Noi sappiamo che l'attività
vulcanica provoca l'estensione del fondale marino lungo le dorsali
oceaniche, formando nuove porzioni di crosta e di mantello. La nuova litosfera oceanica si contrae del 3% quando si solidifica. Questa riduzione della massa litosferica può causare terremoti sottomarini. La
meccanica di base relativa ai movimenti delle placche tettoniche risulta attualmente abbastanza ben compresa. Tuttavia, gli scienziati non sono in grado di prevedere ancora con precisione
di quanto si possa contrarre orizzontalmente la litosfera oceanica durante questo processo. Gli scienziati giapponesi Sasajima e Ito, hanno studiato questa contrazione termica esaminando gli effetti dell'energia rilasciata dai terremoti nelle sezioni di
litosfera oceanica (circa 5-15 milioni di anni), negli ultimi 55 anni. Essi hanno anche simulato questa attività utilizzando alcuni modelli matematici. Il
gruppo ha trovato una differenza distinta in due componenti dello
stress rilasciato: una parallela alla dorsale e un'altra perpendicolare
al crinale (cioè nella direzione di estensione del fondale marino). In pratica, la dorsale oceanica é stata sottoposta ad un
rilascio di stress estensivo maggiore di sei volte, mentre il fondale ha
resistito per ben otto volte all'intensità della spinta compressiva. Nella
loro simulazione numerica, i ricercatori hanno scoperto che la litosfera oceanica recente, raramente si contrae nella direzione parallela alla dorsale. Il gruppo ha
concluso che, lo strato del mantello posto sotto la litosfera, conosciuto come astenosfera, quindi a bassa viscosità, é meno resistente perché anche le dorsali
oceaniche sono relativamente deboli, quindi, la nuova litosfera oceanica è in
grado di espandersi più liberamente.
giovedì 2 novembre 2017
La curva di Keeling
Foto estratta dal The San Diego Union-Tribune. |
lunedì 30 ottobre 2017
Spettacolare tramonto osservato il 29 ottobre nel cielo dal Nord Italia
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Jeff da Settimo Milanese. |
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Foto di Omar Zanni da Nibionno. |
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Foto di Giovanni Taurino scattata da Malpensa. |
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Foto di Carla Capone. |
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Fabrizio Sgheiz da Cernobbio. |
Inquinamento e/o scie chimiche? NO, spiega al Corriere della Sera
Maurizio Mugeri, Fisico dell'Atmosfera presso l'Università di Milano.
"Erano nubi troppo alte che stazionavano verso il limiti della
stratosfera e l’inquinamento in questa caso non è la causa del loro
effetto spettacolare. Si è creata una condizione particolare dovuta alla
diffusione del vapore acqueo – precisa Maugeri – per cui la luce del
sole al tramonto attraversando i
cristallini produceva colori e disegni straordinari simili alle nubi
lenticolari che però in genere si presentano separate. L’inquinamento
agisce a livelli più bassi e poi negli ultimi giorni una ventilazione
discreta sulla Val Padana ha abbassato i livelli inquinanti, quindi non
può generare conseguenze simili". Il fisico ambientale Flavio Galbiati
ha spiegato che si tratta di un evento unico. La luce che cambia colore
al tramonto è causata dalla radiazione solare che attraversando una
maggiore distanza nell' atmosfera viene diffusa e scomposta, prevalendo in
questo caso, la sua componente arancione, gialla e rossa. “Non è escluso che, il
vento potrebbe aver distribuito le polveri e il fumo degli incendi,
contribuendo ad evidenziare la colorazione. L’inquinamento, invece, non
c’entra nulla poiché i gas, una volta dispersi, restano a bassa quota".
Per chi volesse approfondire: http://geoscienze.blogspot.it/search?q=nubi+lenticolari
venerdì 27 ottobre 2017
Siamo figli delle Stelle, da dove provengono gli elementi di cui siamo composti?
venerdì 20 ottobre 2017
E' nebbia o smog, l'alone grigio bluastro che si vede sopra la Pianura Padana?
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Foto scattata da Paolo Nespoli il 18 Ottobre del 2017, Lo smog é visibile in quasi tutta la Pianura Padana, l'alone bianco nel Nord Est é nebbia. Sul sito della NASA Overview é possibile osservare le rilevazioni degli aerosol effettuate dai Satelliti. |
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Alexander Gerst dell'Agenzia Spaziale Europea ha scattato Il 30 ottobre 2014 questa foto quando era a bordo della ISS. |
Gli scienziati della NASA Earth Observatory hanno posto la domanda allo scienziato specializzato nelle scienze atmosferiche Rudolf
Husar, che lavora presso la Washington University e studia l'inquinamento atmosferico da oltre 40 anni. La
nebbia staziona nella troposfera inferiore, ed é formata quasi completamente da gocce
d'acqua sospese nell'aria, di solito appare bianca nelle immagini a colori
naturali. Lo
smog industriale si forma in ambienti freschi e umidi e contiene un
gran numero di particelle di aerosol che lo rendono grigio. Da notare che lo smog industriale, a volte chiamato zolfo o smog nero, è
distinto dallo smog fotochimico, che si sviluppa tipicamente in condizioni
più calde quindi durante l'estate. "Probabilmente è più preciso dire che sia una combinazione di entrambi", ha affermato Husar. "L'area oscura che si osserva sulla valle del fiume Po durante la stagione fredda,
deriva dagli effetti combinati dell'inquinamento atmosferico e della
nebbia che si verificano naturalmente. In
questo caso, l'oscurità bluastra è probabilmente costituita dai residui
solidi o liquidi che permangono quando le gocce di nebbia
evaporano. Quindi ciò che gli astronauti hanno visto come foschia bluastra
durante il giorno appariva in effetti come una macchia di nebbia bianca durante
la notte e la prima mattina". Quindi, la valle del Po, avendo un'elvata densità di popolazione, produce
abbondanti quantità di inquinanti gassosi e particellari dai veicoli, dalle centrali
termoelettriche alimentate a carbone, dalle fabbriche, dagli incendi agricoli e da altre attività
umane. Allo stesso tempo, la nebbia spesso si forma nella valle in autunno e in
inverno quando le inversioni di temperatura intrappolano l'aria fredda,
umida (e talvolta inquinata) in prossimità della superficie. Husar ha afferma anche che: "Quando si forma la nebbia, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto e gli altri gas
inquinanti vengono prelevati dalle gocce d'acqua della nebbia stessa. Una
volta assorbiti nelle gocce, i gas si ossidano più rapidamente". "Concludendo, la nebbia e l'umidità accelerano il processo di
conversione degli inquinanti gassosi in aerosol che provocano a loro volta la foschia". Bibliografia:
- Encyclopedia of Earth (2009, June 9) Smog. Accessed November 10, 2014.
- The Habitable Planet Atmospheric Pollution. Accessed November 10, 2014.
- Georgia Tech Classical and photochemical smog. Accessed November 10, 2014.
- Global Post Difference between Industrial Smog & Photochemical Smog. Accessed November 10, 2014.
- Gilardoni, S. et al, (2014, December) Fog scavenging of organic and inorganic aerosol in the Po Valley. Atmospheric Chemistry and Physics. 14, 6967-6981.
- Giulianelli, L. et al, (2014, December) Fog occurrence and chemical composition in the Po valley over the last twenty years. Atmospheric Environment. 98, 394-401.
martedì 17 ottobre 2017
Airglow o luminescenza notturna
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Foto prelvata dal sito http://auroranightglow.blogspot.it/ |
Quando la radiazione ultravioletta e i raggi cosmici collidono sulla termosfera tra gli 80 e i 100 Km di altitudine, le molecole e gli atomi che la compongono, in prevalenza azoto 78% e ossigeno 21% circa, si ionizzano, quindi si dividono per poi ricombinarsi emettendo un fascio di luce che avvolge l'atmosfera terrestre, conosciuto in inglese come airglow o luminescenza notturna. Fonti: Atmospheric Optics, Upper Atmospheric Airglow - NASA.
venerdì 11 agosto 2017
L'uso delle onde sismiche per lo studio delle aree cratoniche
La carta geologica realizzata dall'Istituto di Geofisica di Postdam mostra il cratone dell'Archeano localizzato nel sud dell'India. |
I continenti hanno tollerato miliardi di anni di sollecitazioni tettoniche e di deformazioni, ciononostante, esistono ancora oggi, a differenza della litosfera oceanica che a causa della subduzione ha un'età massima di 200 Ma. I continenti e i loro nuclei interni, o cratoni, sono molto più
spessi (> 175 km), e più antichi (> 2 miliardi di anni), più freddi
e più dinamici. Tuttavia, le caratteristiche fondamentali, come la dimensione e la forma, sono
ancora dibattute a causa delle grandi incertezze riscontrate nelle
misurazioni che risultano ingannevolmente dirette, per cui nel complesso appaiono complicate. I
cratoni continentali sono dei corpi rigidi composti da crosta e mantello,
il loro spessore è stato ritenuto correlato alla temperatura e si
estende fino a profondità che variano da 250 a 350 km. Nella pagina 580 di questo numero pubblicato su Science, Tharimena et al. (2017), gli scienziati hanno utilizzato la tecnica della sismica a riflessione all'interno di tutti i cratoni terrestri per rilevarne lo spessore. L'intensità osservata, suggerisce che, la base della placca cratonica, è
definita da una fusione parziale del mantello composto da silicati e
non dalla temperatura.
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Sezione dell'inteno della Terra, da Tharimena et al. (2017). |
mercoledì 9 agosto 2017
Gas a effetto serra come innesco primario per tre delle cinque principali crisi biotiche del Fanerozoico
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L'immagine mostra la duranta temporale delle crisi biotiche in relazione alla durata delle emissioni delle Large Igneous Provinces (LIPs) |
Le estinzione di massa sono state caratterizzate da
un crollo catastrofico della biosfera con una successiva riorganizzazione.
La loro natura brusca necessita di un innesco simile e di breve durata, in cui spesso é implicato il magmatismo delle province magmatiche (LIP). Tuttavia, l'attività delle grandi province ignee ha una durata maggiore rispetto alle estinzioni di massa. Pertanto,
se le grandi province ignee rappresentano un innesco efficace, per poter arrecare danni all'ambiente deve sussistere un
subintervallo di magmatismo. L'inizio
della più grave estinzione della Terra avvenuta al termine del Permiano, coincide
con un cambiamento repentino della posizione della grande
provincia ignea delle trappole siberiane contemporanee, dalle inondazioni alle intrusioni. Questo studio, S. D. Burgess et al., (2017), identifica come innesco dell'estinzione, l'aumento dei filoni costituiti dalle intrusioni che si ramificarono e si diffusero nelle rocce circostanti in modo
orizzontale FIG 1(D). Il
calore emesso da queste sabbie, espose i sedimenti fossili volatili e inattivi
liberando ingenti volumi di gas a effetto serra necessari per indurre
l'estinzione. Queste
osservazioni suggeriscono che le grandi province ignee formate
da sabbia sono più suscettibili nell'innescare catastrofi
e cambiamenti ambientali globali rispetto alle rocce basaltiche. Il
magmatismo delle (LIP) e le relative emissioni
dei gas a effetto serra hanno determinato l'innesco principale per tre
delle cinque principali crisi biotiche di Fanerozoico, di cui, l'evento nel Permiano rappresenta la più grave crisi biotica mai avvenuta, che caratterizzò l'evoluzione della vita sulla Terra 2,3,4. Sebbene
siano state proposte altre cause per l'estinzione finale di Permiano 5, la teoria della connessione causale tra il magmatismo delle LIP dei Trappi Siberiani e questa estinzione di massa detiene un ampio consenso. Questa
connessione causale tra i due fenomeni è sostenuta da prove con una coincidenza temporale
impressionante 4, 6,7,8, caratterizzata da una rapida introduzione degli isotopi di
carbonio nel sistema marino 8, 9 e da un brusco aumento
della temperatura globale del mare di circa 10 °C 10. Queste evidenze indicano inequivocabilmente un impatto massiccio, di
breve durata, dei gas ad effetto serra (ad esempio, CO2, CH4) nell'atmosfera, che si pensa sia stato generato dal metamorfismo dei sedimenti crostali, verificatosi durante la diffusione del magma delle LIP 12, 13, oppure durante la fusione verificatasi alla base della litosfera14 . Tuttavia, ci sono tre problemi che complicano i legami causali proposti tra l'estinzione di massa e il magmatismo delle LIP. La prima è una disparità significativa nei tempi in cui si verificò il magmatismo delle LIP e l'estinzione di massa; Il
magmatismo durò tra i 500 Ka e 1 Ma, con esempi multipli che durano
fino a 50 Myr (Fig. 1) (Karoo-Ferrar), mentre l'estinzione di massa avvenne all'ordine di
<100 Ka 4, 8, 15,16,17,18 (Fig. 1). La seconda è la collocazone temporale relativa all'ubicazione gografica dele LIP e all'estinzione di massa. In alcuni casi, la formazione delle LIP ebbe inizio centinaia di migliaia di anni prima
dell'estinzione di massa, con scarse risposte negative percepibili nella
biosfera durante le voluminose eruzioni 4, 15, 19. In terzo luogo, non
tutti gli eventi delle LIP sono associati
a un cambiamento climatico significativo 20, 21. Dato che le LIP sono
composte da componenti ignei multipli (ad es. Rocce piroclastiche), spesso collocati in tempi diversi e su intervalli
variabili, in cui è necessario valutare criticamente l'aliquota del volume magmatico totale. Inoltre, quale tratto di questa porzione lo distingue dal volume magmatico rimanente? Il
volume responsabile deve essere dimostrato immediatamente prima e
possibilmente durante l'estinzione di massa e deve avere la capacità di
innescare un massiccio rilascio dei gas a effetto serra. La
geocronologia recente sulle trappole siberiane, il magmatismo delle LIP e
l'estinzione del fine Permiano hanno evidenziato un'associazione temporale
distinta tra questi due fenomeni, ma senza individuare in modo univoco e specifico il tasso di estinzione 4, 8. Questo
quadro temporale tuttavia consente una valutazione dettagliata della
relazione causale presunta tra il magmatismo e l'estinzione per determinare
quale subintervallo dei trappi siberiani ha indotto
l'estinzione di massa e perché questo particolare magma fosse così
mortale.
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