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mercoledì 29 aprile 2020

L’incerta correlazione tra inquinamento atmosferico e l’epidemia da COVID-19


Concentrazioni di PM10 dal 2005 al 2008, Fonte: EEA.
Può esistere una correlazione tra la diffusione dell’infezione da SARS-CoV2 e le aree ad elevato livello di inquinamento atmosferico? La domanda è più che mai attuale e tuttora al vaglio di diverse ricerche scientifiche. La necessità di portare maggiore chiarezza in tale ambito ha infatti sollecitato diversi gruppi di studiosi a collaborare per esaminare il problema e le possibili correlazioni.
Premesso che si tratta di una infezione virale sottoposta a meccanismi di trasmissione sicuramente diversi da quelli generalmente studiati nel settore dell’inquinamento atmosferico, in Italia l’ipotesi di un’associazione è stata avanzata in virtù del fatto che aree come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna, dove il virus ha presentato la maggiore diffusione, fanno registrare generalmente le maggiori concentrazioni degli inquinanti atmosferici misurati e controllati secondo quanto indicato e prescritto dalla legislazione di settore (DLgs 155/2010).
Tuttavia, se è vero che la diffusione del virus si è presentata attraverso focolai circoscritti all’interno di zone della Pianura Padana sottoposte a valori di inquinamento atmosferico elevati e piuttosto omogenei, è anche vero che altre aree a forte inquinamento atmosferico, anche se prossime, sono rimaste inizialmente escluse e interessate, solo successivamente, con minor forza dalla contaminazione del virus. Si osserva inoltre, che a seguito delle disposizioni governative, la ridotta mobilità delle persone e la chiusura di molte attività produttive hanno portato ad una progressiva e significativa riduzione dei livelli di inquinamento dell’aria (PM10, PM2,5, NO2, benzene). Va infine notato che le aree dove il virus ha evidenziato il suo più elevato impatto, sono le aree sia ad elevata densità di popolazione sia a più alta produttività del Paese. In questi territori sono presenti il maggior numero di aziende con vocazione e crescita internazionale che hanno continui e frequenti rapporti con paesi stranieri (in particolare Stati Uniti, Cina e Federazione Russa), con conseguente alta mobilità dei lavoratori. Infatti, molti approfondimenti epidemiologici in corso evidenziano proprio la componente legata ai rapporti di lavoro internazionali con il conseguente contagio diretto tra persone, oltre all’iniziale diffusione del contagio in strutture sanitarie (ospedaliere e RSA) che ha agito quale forte moltiplicatore dell’infezione, quando non si aveva notizia dell’avvenuto ingresso del virus sul territorio italiano.
In sintesi, la complessità del fenomeno, insieme alla parziale conoscenza di alcuni fattori che possono giocare o aver giocato un ruolo nella trasmissione e diffusione dell’infezione SARS-CoV2, rendono al momento molto incerta una valutazione di associazione diretta tra elevati livelli di inquinamento atmosferico e la diffusione dell’epidemia COVID-19, o del suo ruolo di amplificazione dell’infezione. Uno studio potrà essere svolto con il corretto approccio scientifico, solo quando l’epidemia e l’emergenza saranno terminate e potranno essere disponibili tutte le conoscenze sulle variabili/fattori utili ad analizzare il fenomeno, effettuando anche un’analisi comparativa su scala più ampia quale quella europea e internazionale. In tale contesto, un elemento di sicuro approfondimento potrà essere rappresentato dal ruolo dell’ambiente indoor/outdoor nel determinare lo stato di salute della popolazione, in particolare quella residente nelle aree urbane, e come questo possa aver influito sulla gravità degli esiti dell’infezione da SARS-CoV2. L’analisi dei decessi su un ampio campione di casi ha mostrato come la mortalità per COVID-19 sia stata elevata in soggetti che già presentavano una o più patologie (malattie respiratorie, cardiocircolatorie, obesità, diabete, malattie renali, ecc.), sulle quali la qualità ambientale indoor e outdoor e gli stili di vita, in ambiente urbano, possono aver avuto un ruolo.
Lo studio condotto dall’Università di Harvard è di sicuro interesse, ma si basa su indicazioni parziali e presenta ampie incertezze come gli autori stessi descrivono (come ad esempio, la modalità di conteggio dei decessi per COVID-19 e la stima delle concentrazioni di PM2,5 sul territorio degli USA basata sull’applicazione di una modellistica che necessita di aggiustamenti perché legata alla distribuzione spaziale delle postazioni di misura dell’inquinamento atmosferico).
Una posizione, questa, condivisa da gran parte della comunità scientifica italiana, come espresso nella posizione dello Steering Committee del progetto CCM RIAS.
La letteratura scientifica in materia
L’esposizione ad inquinamento atmosferico indoor e outdoor ed in particolare al materiale particellare PM (PM10, PM2,5), agli ossidi di azoto (NO e NO2), nonché all’ozono (O3), può determinare un insieme di effetti sanitari avversi ampiamente descritti nella letteratura scientifica accreditata. La Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) stima nel 2016, globalmente, circa 7 milioni di morti premature all’anno, con il 91% di queste a carico dei paesi a basso-medio reddito e relative alle popolazioni delle aree del sud asiatico, dell’area sub sahariana e dell’America latina. Per la popolazione europea sono state stimate circa 550.000 morti premature.
Inoltre, la WHO ha dedicato una particolare attenzione agli effetti sanitari dovuti ai livelli di inquinamento degli ambienti indoor, determinati principalmente dall’uso di combustibili di bassa qualità per il riscaldamento degli ambienti e la preparazione dei cibi, ma anche all’uso di sostanze chimiche per l’igiene personale e la pulizia degli ambienti, sostanze per la profumazione indoor, pitture, vernici, ecc. Questa componente riveste un ruolo rilevante se si considera che la popolazione trascorre la maggior parte del tempo in ambienti indoor (abitazione, scuola, lavoro).

Gli effetti sulla salute
A livello globale, i principali effetti sanitari correlati all’inquinamento dell’aria indoor e outdoor sono relativi all’aumento delle Malattie non trasmissibili-Non Communicable Deseases (NCD), che includono principalmente le malattie croniche del sistema cardiocircolatorio quali le malattie ischemiche del cuore (infarto miocardico, ictus cerebrale), quelle dell’apparato respiratorio, come l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) che porta ad una maggiore predisposizione alle infezioni respiratorie, e il cancro del polmone per esposizioni sul lungo periodo. Più recentemente all’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico e al PM2,5 in particolare si associano patologie quali il diabete, un ritardo nello sviluppo neurologico dei bambini così come effetti neurologici degenerativi nella popolazione adulta/anziana. Gli effetti a breve termine sono supportati da molti studi e riguardano una ridotta capacità polmonare, aggravamento e complicanze dell’asma, e, per l’esposizione durante la gestazione, un basso peso alla nascita del bambino.

I più esposti
L’ampia letteratura scientifica si è anche dedicata ad indagare quale sia la popolazione più suscettibile agli effetti dell’esposizione all’inquinamento atmosferico indoor e outdoor. Le caratteristiche di suscettibilità includono principalmente una predisposizione genetica, fattori socioeconomici, età, durata e intensità dell’esposizione, la presenza di malattie preesistenti, come asma, BPCO e fibrosi cistica. Molti studi evidenziano che i bambini, e più in generale la popolazione di età inferiore ai 14 anni, è la più suscettibile agli effetti sanitari acuti delle infezioni alle basse vie respiratorie.

Le sostanze inquinanti e le sorgenti di emissione
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel 2013 ha definito l’inquinamento atmosferico, il PM in particolare, cancerogeno di classe 1 per l’uomo. Il PM, sia quello emesso direttamente nell’aria, che quello prodotto durante i processi di conversione gas-particelle, è una miscela complessa di inquinanti organici e inorganici, costituito dal materiale carbonioso derivante dai diversi processi di combustione che lo generano (negli ambienti ad intensa urbanizzazione il PM deriva essenzialmente dai veicoli a motore e dagli impianti per la produzione di energia), ma anche da un insieme di altre sostanze particolarmente tossiche per l’uomo (microinquinanti inorganici e organici come: metalli, idrocarburi policiclici aromatici, diossine). La composizione quali/quantitativa del PM varia quindi molto in funzione della tipologia di sorgenti di emissione che lo producono.
Gli effetti sulla salute che ne derivano dipendono perciò non solo dai livelli di concentrazione a cui le popolazioni sono esposte ma anche da molti altri fattori, che includono le sorgenti, le trasformazioni fisiche e chimiche di precursori, il clima, e la specifica situazione locale (orografica e topografica) delle aree urbane e non che influenzano la “qualità” e la composizione del PM.

Le città stanno peggio
Vivere in aree urbane dove l’inquinamento atmosferico è elevato incide sullo stato di salute generale della popolazione, come dimostrano gli studi di numerosi gruppi di ricercatori scientifici nazionali e internazionali.
L’Agenzia Ambientale Europea (EEA) ogni anno produce un report sul Burden of Desease dell’inquinamento atmosferico in Europa in base ai livelli di concentrazione dei singoli inquinanti misurati (PM2,5, NO2 e O3) dalle diverse centraline di monitoraggio dell’aria presenti nei diversi paesi (concentrazioni variabili anche in funzione delle condizioni meteorologiche e del numero e della qualità di funzionalità delle centraline). Nel report 2019 l’EEA ha stimato per l’Italia circa 60.000 morti premature per esposizione a PM2,5. 
A cura di Maria Eleonora Soggiu e Gaetano Settimo del Dip. Ambiente e salute dell’ISS
ISS, 29 aprile 2020.

martedì 19 dicembre 2017

Un nuovo satellite dell'ESA per monitorare la qualità dell'aria con una maggiore precisione

Un nuovo satellite dell'ESA utilizzato per l'osservazione della Terra denominato Sentinel-5P è dotato di uno strumento avanzato di monitoraggio dell'atmosfera che può eseguire la scansione della Terra con una risoluzione maggiore rispetto a qualsiasi altro strumento in orbita. Il nuovo spettrometro collocato a bordo della navicella rivela gli inquinanti presenti nell'atmosfera del nostro pianeta con una definizione senza precedenti. Sentinel 5P è in grado di tracciare gas quali biossido di azoto, ozono, formaldeide, anidride solforosa, metano e anidride carbonica, importanti per la qualità dell'aria e del clima. L'immagine mostrata sopra evidenzia l'inquinamento da Biossido di azoto presente in Europa il 22 novembre 2017. Le concentrazioni più elevate sono sopra la Pianura Padana e nella Germania occidentale, probabilmente associate alla combustione di combustibili fossili proveninenti dall'industria e dal traffico stradale. Riferimento: Advanced Satellite Tracks Air Pollution in Extraordinary Detail.
Questa mappa globale mostra la concentrazione del biossido di azoto nella troposfera rilevata dallo strumento di monitoraggio dell'ozono ubicato a bordo del satellite Aura, nel 2014. Riferimento: New NASA Satellite Maps Show Human Fingerprint on Global Air Quality.

mercoledì 22 novembre 2017

Il monitoraggio degli aerosol per studiare le correnti atmosferiche


Monitorare gli aerosol trasportati dai venti permette agli scienziati di osservare le correnti atmosferiche. Il video e l'immagine che ho pubblicato mostrano una ricostruzione dell'itinerario del sale marino, della polvere e del fumo avvenuto dal 31 luglio al 1° novembre del 2017. Il primo dettaglio che si nota è rappresentato dalla lunga percorrenza delle particelle di aerosol. Il fumo degli incendi visibile nel Nord-Ovest del Pacifico viene catturato in un sistema meteorologico e trasportato fino all'Europa. Gli uragani si formano al largo della costa africana e attraversano l'Atlantico per poi scaricare la loro energia negli Stati Uniti. La polvere del Sahara viene trasportata nel Golfo del Messico. Per comprendere l'impatto degli aerosol, gli scienziati devono studiare il processo rappresentato come un Sistema Globale. Il gruppo di studio del Global Modeling and Assimilation (GMAO) del Goddard Space Flight Center della NASA  ha sviluppato il Goddard Earth Observing System (GEOS), un nuovo modello matematico realizzato per  l'osservazione dei fenomeni atmosferici. Le simulazioni del supercomputer, combinate con i dati dei satelliti della NASA, migliorano la nostra comprensione scientifica inerente a specifici processi chimici, fisici e biologici. Durante la stagione degli uragani del 2017, le tempeste sono state visibili a causa del sale marino che veniva catturato dalle medesime. I venti intensi presenti in superficie hanno sollevato il sale marino nell'atmosfera inglobando le particelle all'interno della tempesta. L'uragano Irma è la prima grande tempesta che si é generata al largo delle coste dell'Africa. Mentre si elevava in quota, la polvere sahariana veniva assorbita dalle goccioline delle nuvole e infine eliminata sotto forma di pioggia. Questo processo avviene con la maggior parte delle tempeste, ad eccezione dell'uragano Ophelia. Formatosi più a nord come la maggior parte delle tempeste, Ofelia viaggiò verso est raccogliendo polvere dal Sahara e dai grandi incendi del Portogallo. Mantenendo il suo stato di tempesta tropicale più a nord di qualsiasi altro sistema nell'Atlantico, Ofelia trasportò il fumo e la polvere in Irlanda e nel Regno Unito. Le simulazioni al computer che utilizzano i modelli GEOS consentono agli scienziati di vedere come i diversi processi si adattano e si evolvono come un sistema. Utilizzando modelli matematici per rappresentare i processi atmosferici, possiamo separare il sistema in varie sezioni e comprenderne meglio le leggi fisiche che li governano.  

Autori:

Matthew R. Radcliff (USRA): Lead Producer
Aaron E. Lepsch (ADNET Systems, Inc.): Technical Support
William Putman (NASA/GSFC): Lead Scientist
Anton S. Darmenov (NASA/GSFC): Scientist
Ellen T. Gray (ADNET Systems, Inc.): Narrator
Pe questo articolo citare il:
NASA's Goddard Space Flight Center
Link abbreviato:
http://svs.gsfc.nasa.gov/12772
Questo articolo fa parte di queste serie:
GEOS-DAS
Hurricanes
Narrated Movies

venerdì 20 ottobre 2017

E' nebbia o smog, l'alone grigio bluastro che si vede sopra la Pianura Padana?

Foto scattata da Paolo Nespoli il 18 Ottobre del 2017, Lo smog é visibile in quasi tutta la Pianura Padana, l'alone bianco nel Nord Est é nebbia. Sul sito della NASA Overview é possibile osservare le rilevazioni degli aerosol effettuate dai Satelliti.
 Alexander Gerst dell'Agenzia Spaziale Europea ha scattato
Il 30 ottobre 2014 questa foto quando era a bordo della ISS. 
Gli scienziati della NASA Earth Observatory hanno posto la domanda allo scienziato specializzato nelle scienze atmosferiche Rudolf Husar, che lavora presso la Washington University e studia l'inquinamento atmosferico da oltre 40 anni. La nebbia staziona nella troposfera inferiore, ed é formata quasi completamente da gocce d'acqua sospese nell'aria, di solito appare bianca nelle immagini a colori naturali. Lo smog industriale si forma in ambienti freschi e umidi e contiene un gran numero di particelle di aerosol che lo rendono grigio. Da notare che lo smog industriale, a volte chiamato zolfo o smog nero, è distinto dallo smog fotochimico, che si sviluppa tipicamente in condizioni più calde quindi durante l'estate. "Probabilmente è più preciso dire che sia una combinazione di entrambi", ha affermato Husar. "L'area oscura che si osserva sulla valle del fiume Po durante la stagione fredda, deriva dagli effetti combinati dell'inquinamento atmosferico e della nebbia che si verificano naturalmente. In questo caso, l'oscurità bluastra è probabilmente costituita dai residui solidi o liquidi che permangono quando le gocce di nebbia evaporano. Quindi ciò che gli astronauti hanno visto come foschia bluastra durante il giorno appariva in effetti come una macchia di nebbia bianca durante la notte e la prima mattina". Quindi, la valle del Po, avendo un'elvata densità di popolazione, produce abbondanti quantità di inquinanti gassosi e particellari dai veicoli, dalle centrali termoelettriche alimentate a carbone, dalle fabbriche, dagli incendi agricoli e da altre attività umane. Allo stesso tempo, la nebbia spesso si forma nella valle in autunno e in inverno quando le inversioni di temperatura intrappolano l'aria fredda, umida (e talvolta inquinata) in prossimità della superficie.  Husar ha afferma anche che: "Quando si forma la nebbia, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto e gli altri gas inquinanti vengono prelevati dalle gocce d'acqua della nebbia stessa. Una volta assorbiti nelle gocce, i gas si ossidano più rapidamente". "Concludendo, la nebbia e l'umidità  accelerano il processo di conversione degli inquinanti gassosi in aerosol che provocano a loro volta la foschia". Bibliografia:

martedì 17 ottobre 2017

Airglow o luminescenza notturna

Foto prelvata dal sito http://auroranightglow.blogspot.it/


Quando la radiazione ultravioletta e i raggi cosmici collidono sulla termosfera tra gli 80 e i 100 Km di altitudine, le molecole e gli atomi che la compongono, in prevalenza azoto 78% e ossigeno 21% circa, si ionizzano, quindi si dividono per poi ricombinarsi emettendo un fascio di luce che avvolge l'atmosfera terrestre, conosciuto in inglese come airglow o luminescenza notturna. Fonti: Atmospheric OpticsUpper Atmospheric Airglow - NASA. 

martedì 24 maggio 2016

Il 55% dell'inquinamento atmosferico da PM2.5 in Europa e negli Stati Uniti é causato dall'agricoltura

Il particolato suscita una grande preoccupazione per la salute pubblica perché causa il cancro e incide notevolmente sulla mortalità cardiopolmonare. Di conseguenza, i governi dei paesi più industrializzati devono monitorare e fissare i limiti per ridurne le emissioni.

giovedì 31 dicembre 2015

Limitare il traffico veicolare e ridurre la temperature nelle abitazioni? Sono le biomasse che inquinano le città

Le iniziative intraprese dai politici in merito al'inquinamento cittadino hanno un effetto molto relativo, quasi nullo. E' inutile che si affronti il problema solo quando si presenta in tutta la sua gravità, la propaganda elettorale non serve a niente. Il traffico veicolare ha una certa responsabilità nel causare l'inquinamento da particolato nelle città, tuttavia, c'é un'altra tipologia di combustione che immette un maggiore quantitativo di pm nella troposfera ma 'forse' nessuno se ne accorto, o qualcuno fa finta di non capire? Hanno incentivato l'uso dei combustibili naturali per riscaldare gli ambienti interni, ora si scopre che l'incremento della combustione delle biomasse è uno dei maggiori responsabili dell'aumento di particolato che ogni anno causa insieme ad altri gas e polveri, 87.000 decessi solo in Italia. Un'analisi pubblicata sul sito dell'ASPO, chiarisce l'argomento.

domenica 27 dicembre 2015

Inquinamento troposferico causato del monossido di carbonio

Incolore, inodore, e velenoso, il monossido di carbonio è uno dei sei principali inquinanti atmosferici che vengono prodotti quando i combustibili a base di carbonio, come il carbone, il legno, e l'olio, bruciano parzialmente o con sistemi inefficienti, producendo appunto il monossido di carbonio (CO). Questa animazione realizzata dalla NASA, mostra le medie mensili delle concentrazioni globali di monossido di carbonio troposferico ad una altitudine di circa 3.600 m misurate dal 2000/2015. I dati sono stati raccolti dal satellite MOPITT (Measurements Of Pollution In The Troposphere). Negli Stati Uniti, ogni anno ricorrono a cure mediche 40.000 persone a causa di avvelenamento da questo gas, Hampson NB (September 1998). L'intossicazione da monossido di carbonio (CO) è la forma più comune di avvelenamento e tra le prime cause di morte nei paesi industrializzati.

martedì 1 dicembre 2015

Morti premature a causa dell'inquinamento atmosferico, l'Italia nella UE risulta tra i primi

I valori di PM10 raggiunti nei 28 Stati della UE.
 I puntini rossi indicano le stazioni in cui sono stati rilevati valori superiori al limite giornaliero. Sono state incluse nella mappa solo le stazioni con> 75% dei dati validi.
Rudolf Husar, un fisico dell'atmosfera specializzato negli studi sull'inquinamento atmosferico e ambientale che lavora presso la Washington University, afferma sul sito del NASA Earth Observatory che la fitta nebbia osservata nella Pianura Padana durante la stagione fredda è formata anche dal particolato. La foschia bluastra è probabilmente costituita da residui solidi o liquidi che vengono rilasciati quando le gocce di nebbia evaporano. 
L'inquinamento atmosferico rappresenta il rischio più grande di morti premature in Europa, oltre ad accorciare la durata della vita delle persone contribuisce alla diffusione di gravi patologie come le malattie cardiache, respiratorie e tumorali.

venerdì 5 giugno 2015

L'inquinamento dell'aria in Italia causa 30.000 decessi ogni anno

Questa Mappa mostra i valori di PM2.5 misurati in ogni Regione.
Decessi attribuibili all'inquinamento da Ozono in Italia.


Concentrazione dell'Ozono nei mesi più caldi e impatto Sanitario.Nel 2005, su 36.000 decessi per patologie a carico dell’apparato respiratorio, 1.707 sono risultati attribuibili all’esposizione a ozono nel periodo caldo (aprile-settembre); di questi, il 52% (882 decessi) si sono osservati tra i residenti al Nord. Nello scenario 2020 è previsto un calo della mortalità in Italia del 22,7% (1.320 decessi).  
Decessi attribuibili a PM2.5.
Tassi di mortalità rilevati per Regione attribuiti alle PM2.5.

Giovedì 4 giugno, nell’Auditorium del Ministero della Salute, sono stati presentati i risultati relativi all'inquinamento causato dal particolato fine (PM2.5), biossido di azoto (NO2), Ozono (O3), e alle emissioni dovute al traffico veicolare (NOx) nell’ambito del progetto VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto su Ambiente e Salute dell’inquinamento atmosferico).

martedì 7 maggio 2013

I raggi cosmici provocano i fulmini?

Copyright: Jordan Cantelo
Nessuno sa esattamente cosa provochi i fulmini. Ora, due ricercatori russi affermano che queste scariche di un miliardo di volt o più potrebbero essere causate dall'interazione delle particelle dei raggi cosmici ad alta energia, provenienti dallo spazio, con le gocce d'acqua che sono all'interno delle nubi temporalesche. I raggi cosmici sono generati nelle profondità dello spazio da eventi potenti come collisioni tra le stelle, esplosioni di raggi gamma e supernove. Questi cataclismi accelerano le particelle cariche, costituite per lo più da protoni con energie molto elevate. I raggi attraversano velocemente lo spazio, e quelli che colpiscono l'atmosfera superiore della Terra generano masse d'aria invisibili ma altamente energetiche, composte da particelle ionizzate e da radiazioni elettromagnetiche.  L'idea che queste masse d'aria possano provocare un fulmine quando attraversano una nube temporalesca é stata teorizzata per due decenni. Nel 1992, il fisico russo Alexandr Gurevich del Lebedev Physical Institute di Mosca, suggerì che, le particelle ad alta energia prodotte dai raggi cosmici ionizzano l'aria nelle nubi temporalesche, generando una regione con un numero elevato di elettroni liberi. Il campo elettrico del temporale accelera gli elettroni quasi alla velocità della luce, aumentando la rispettiva energia. In seguito, gli elettroni collidono con gli atomi presenti nell'aria, generando un numero maggiore di elettroni nonché di raggi x e raggi gamma. Questa valanga di particelle ad alta energia nella nube che Gurevich chiama "runaway breakdown", offre le condizioni ideali per condurre un fulmine. Joseph Dwyer, uno scienziato che studia i fulmini al Florida Institute of Technology di Melbourne, che non è stato coinvolto nello studio, afferma che, da quando venne suggerita, l'ipotesi di Gurevich é stata discussa dai ricercatori di tutto il mondo. Ma Gurevich non trovò prove concrete dei raggi cosmici. Le onde radio possono fornire un indizio, afferma Dwyer: le cascate di elettroni che si generano alla base di un fulmine dovrebbero produrre onde radio. "Sappiamo che i raggi cosmici producono le onde radio, e quando ci sono dei temporali, si rileva un numero elevato di questi impulsi", afferma Dwyer. "Ma nessuno ha dimostrato che le masse d'aria che passano attraverso i campi elettrici [di una nube temporalesca] provocando la fuga di questi elettroni, sia un fenomeno che avvenga realmente". Per dimostrare questa ipotesi, Gurevich e il suo collega russo Anatoly Karashtin, dell'Istituto di Ricerca Radiophysical a Nizhny Novgorod, hanno analizzato i dati di 3800 fulmini registrati in Russia e in Kazakistan, utilizzando un interferometro che misura le onde radio - mostrando la direzione da cui provengono - nel momento in cui appariva il fulmine. I risultati, citati su ScienceNow "Do Cosmic Rays Grease Lightning?" e pubblicati questa settimana su Physical Review Letters "Runaway Breakdown and Hydrometeors in Lightning Initiation", indicano che le nubi delle tempeste emettono, poco prima dei fulmini, "centinaia di migliaia" di potenti impulsi radio. Ma c'è un problema: i raggi cosmici che hanno un energia sufficiente, sono troppo rari per attivare tutti gli impulsi che Gurevich e Karashtin hanno osservato. Le cosiddette idrometeore, o rovesci di grandine o di gocce d'acqua presenti nelle nubi, possono amplificare gli impulsi. Quando gli elettroni liberi creati dalle particelle dei raggi cosmici passano vicino a queste idrometeore, scatenano una raffica di microscariche che aumenta sia la corrente che il segnale a impulsi radio, affermano Gurevich e Karashtin. Tuttavia, la scienziata Clive Saunders dell'Università di Manchester nel Regno Unito, non è convinta che i raggi cosmici abbiano un ruolo nel fulmine e afferma: "Loro non hanno dimostrato la correlazione tra l'attività dei fulmini e il momento in cui i raggi cosmici colpiscono la terra".Quando il vento solare è più intenso, durante il massimo solare, vengono deviati un numero maggiore di raggi cosmici dalla Terra. Secondo Saunders, se i raggi cosmici fossero sopra i temporali, l'incidenza dei temporali stessi, dovrebbe seguire un ciclo simile.

giovedì 24 gennaio 2013

Onde atmosferiche e gravitazionali

Onde atmosferiche fotografate a bordo di un aereo. Fonte: http://www.weathervortex.com


Le onde atmosferiche vengono identificate in presenza di variazioni dell'ondulazioni atmosferiche rispetto allo stato medio di quiete dell' atmosfera. Le onde sono incluse nei parametri meteorologici, come per esempio la temperatura atmosferica, la pressione, la velocità e la direzione del vento, e coprono una vasta gamma di valori nella scala planetaria, (con lunghezze d'onda di circa 10 mila chilometri orizzontali o anche maggiori) nella mesoscala, (100-1000 km) nella piccola scala con lunghezze d'onda orizzontali di solo alcuni km, (un esempio per la meso-e la piccola scala sono le onde gravitazionali).

martedì 8 gennaio 2013

L'equipaggio della ISS osserva le nubi nottilucenti

Questo diagramma mostra il motivo per cui le NLCs si osservano all'alba e al tramonto.
NASA  Noctilucent Clouds Get an Early Start. 
Le nubi Polari Mesosferiche sono al culmine della loro visibilità in entrambi gli Emisferi della Terra a fine primavera e all'inizio della stagione estiva.

sabato 5 gennaio 2013

Effetto Tyndall e cielo blu

The Moon and Earth's atmosphere

ISS030-E-031275 (8 Jan. 2012) --- L'Atmosfera terrestre vista dalla International Space Station
L'effetto Tyndall crea su questo stagno un'atmosfera suggestiva
Perchè il cielo è blu ? Quando il cielo è libero senza nubi lo vediamo blu perché le molecole disperdono nell'aria la luce blu che proviene dal Sole più di quanto non diffondano la luce rossa.

mercoledì 2 gennaio 2013

I Pilastri Solari

Pilastro Solare fotografato da Colin Chatfield il 6 Novembre del 2012 a Saskatoon in Canada
Foto di Shanna Dennis
Svezia, foto di Göran Strand
I pilastri si formano quando la luce solare (o un'altra fonte di luce intensa) si riflette sulle superfici di milioni di cristalli di ghiaccio che cadono da sottili nubi che stazionano nelle elevate altitudini come i cirrostrati.

venerdì 16 novembre 2012

Gli strati dell'Atmosfera

L'atmosfera è  un'involucro di gas che circonda la Terra suddiviso in cinque strati distinti, determinati tramite:
• caratteristiche termiche (variazioni di temperatura)
• composizione chimica
• movimento
• densità
Ciascuno degli strati è delimitato da "pause", dove si verificano

sabato 10 novembre 2012

Un nuovo studio "fotografa" la presenza delle onde gravitazionali

 (Foto di: Yaping Wu)
Oltre alle turbolenze, le onde gravitazionali possono causare le nubi a forma di lente conosciute come "nubi lenticolari".

Le turbolenze dell'aria sono un disturbo conosciuto ai viaggiatori e rappresentano un problema per le compagnie aeree.
Gli scienziati hanno capito, tramite i modelli elaborati al computer che,
le onde atmosferiche generate dalle montagne nelle regioni polari svolgono un ruolo chiave nell'irregolarità dei voli. Attualmente le onde atmosferiche sono state individuate esclusivamente in questa area geografica. Una nuova ricerca dimostra che le turbolenze che generano le onde esistono anche in altre zone e possono essere rilevate dagli scienziati tramite i satelliti.
 Stephen
Eckermann, uno scienziato atmosferico che lavora presso il U.S. Naval Research Laboratory, ha affermato che la maggior parte delle turbolenze che avvengono in volo derivano dalle oscillazioni atmosferiche, conosciute come: onde gravitazionali, che sono causate dalla forza di attrazione gravitazionale terrestre. Quando una folata di vento si abbatte su una catena montuosa quest'ultima si può comportare come un corso d'acqua che incontra una roccia. La montagna spinge il vento verso l'alto, provocando un rigonfiamento che emette onde atmosferiche. A volte le montagne spingono l'onda nella stratosfera così in alto per cui si creano delle distorsioni che danno luogo alla turbolenza.
Eckermann ha spiegato che: 
"Come l'onda dell'oceano che si infrange può rappresentare un pericolo per i surfisti o le piccole imbarcazioni, nella stessa misura le onde gravitazionali atmosferiche sono un potenziale pericolo per la sicurezza degli aerei,". Le onde gravitazionali possono creare anche delle spettacolari nubi lenticolari che aleggiano immobili sopra le cime delle montagne (Fig.1).Vicino ai poli terrestri, possono coprire distanze molto lunghe tra le creste, rendendole più visibili dallo spazio. Alcuni satelliti, che studiano altri parametri dell' atmosfera come l' umidità e la temperatura, hanno già individuato le onde gravitazionali polari; anche Eckermann ha affermato di averle intraviste nei poli sotto forma di fluttuazioni di temperatura. C'è il sospetto che possano esistere alcune tracce di onde nelle regioni alle medie latitudini,  ciònonostate risultano troppo deboli per essere rilevate. Eckermann e il suo collega Dong Wu del NASA Goddard Space Flight Center hanno analizzato una mole notevole di dati satellitari alla ricerca di variazioni di temperatura più significative che potessero indicare la presenza di onde gravitazionali nelle regioni montane dell' Australia e del sud Africa. I due scienziati hanno studiato la media delle misure registrate nell'arco di nove anni in modo da eliminare nei dati le deviazioni casuali. Eckermann oltre a queste osservazioni ha guardato centinaia di foto digitali di soggetti distanti in modo tale da individuare meglio ed eventualmente eliminare le distorsioni che oscurano le immagini.


Questa immagine mostra la notevole ampiezza delle onde gravitazionali che vengono spinte nella alta  stratosfera a causa dei venti che investono la grande catena montuosa australiana "Great Dividing Range" nella zona orientale. (Foto di: Stephen Eckermann, laboratorio di ricerca navale, Washington, DC).















































Per la prima volta gli scienziati sono stati in grado di vedere le onde gravitazionali nelle altitudini in cui si svolge il traffico aereo, sopra le regioni montuose di grandi città come Sydney in Australia, e Città del Capo in Sud Africa. Questa ricerca è stata pubblicata su Geophysical Research Letters, una rivista della American Geophysical Union. Eckermann ha osservato che i piloti di solito, sono in grado di predire la turbolenza in prossimità delle montagne tramite il riconoscimento dei modelli di nube ad esse correlati. Ma le onde gravitazionali di montagna possono formarsi anche in un cielo completamente sereno, quindi i piloti non hanno una metodologia sistematica per capire se vi saranno o meno le turbolenze. Le onde posssono essere, in determinati casi, abbastanza potenti da rompere alcuni frammenti delle ali e le parti esterne dei motori a reazione. Avere la possibiltà di vedere direttamente la presenza di queste onde permetterà agli scienziati di realizzare modelli meteorologici sempre più sofisticati che aiuteranno i piloti dei voli di linea, a evitare tutte le problematiche che si riscontrano durante le turbolenze nell'atmosfera. Gli scienziati hanno anche il sospetto che la "rottura" delle onde gravitazionali potrebbe influenzare indirettamente molti aspetti del tempo meteorologico, ma questo richiederà una migliore comprensione della natura fondamentale delle onde. Riferimento: American Geophysical Union (AGU) - GeoSpace 
Figure: Wave clouds caused by atmospheric lee waves (Source: http://www.weathervortex.com).




DIDATTICA: ONDE ATMOSFERICHE E GRAVITAZIONALI



Le onde atmosferiche vengono identificate in presenza di variazioni dell'ondulazioni atmosferiche rispetto allo stato medio di quiete dell' atmosfera. Le onde sono incluse nei parametri meteorologici, come per esempio la temperatura atmosferica, la pressione, la velocità e la direzione del vento, e coprono una vasta gamma di valori nella scala planetaria, (con lunghezze d'onda di circa 10 mila chilometri orizzontali o anche maggiori) nella mesoscala, (100-1000 km) nella piccola scala con lunghezze d'onda orizzontali di solo alcuni km, (un esempio per la meso-e la piccola scala sono le onde gravitazionali). Le onde atmosferiche sono molto importanti per diversi processi che riguardano la chimica atmosferica e la dinamica. Le onde sono coinvolte nella formazione delle nubi, come ad esempio: nelle variazioni di temperatura dovute a onde in grado di modulare la forma delle bande delle nubi. Di notevole importanza, risulta la formazione delle nubi stratosferiche polari (PSC) attivate dalle onde di montagna alle alte latitudini, in quanto, questo è il principale processo responsabile della deplezione dell'ozono durante l'inverno Artico. Le sorgenti delle onde sono situate principalmente nella regione della troposfera e della tropopausa. Le onde sono causate, per esempio: per convenzione, tramite i sistemi atmosferici, tramite la regolazione geostrofica, e le forzature orografiche. Con lo slancio che acquista dal basso verso le altitudini elevate, l'onda in movimento attraversa i diversi livelli di altitudine dell'atmosfera terrestre; (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera). Questa spinta che ha determinato il movimento dell'onda verticale si conclude nel punto in cui si infrange. Il meccanismo descritto è responsabile delle molteplici caratteristiche relative ai modelli di circolazione globale: le onde che si infrangono sono il principale motore di generazione della circolazione atmosferica residua (circolazione Brewew-Dobson), ma regolano anche la struttura verticale dei sistemi globali di vento zonale (per esempio, la quasi oscillazione-biennale (QBO) del vento zonale che avviene nei tropici o l'inversione dei getti di vento zonale nella mesosfera), anche il frangimento delle onde gioca un ruolo importante per la struttura verticale della temperatura dell' ambiente, (per esempio, la mesopausa fredda in estate, in cui si osservano temperature più basse nell'atmosfera della Terra. Riferimento: WAVE DYNAMICS. L'interazione delle onde con il flusso medio atmosferico non è stata ancora compresa appieno. In particolare, la forzatura delle onde che si determinano per convenzione, e la parametrizzazione delle onde gravitazionali che sono importanti fonti di incertezza nella modellazione atmosferica e nella previsione del clima. Le onde gravitazionali sono piccole onde individuabili nella mesoscala con lunghezze d'onda orizzontali comprese tra alcuni chilometri e diverse migliaia, la cui durata tipica del ciclo varia tra i 15 minuti e più, in un giorno. Tipicamente, queste onde sono generate da fonti atmosferiche inferiori, ad esempio: dal flusso del vento quando incontra delle irregolarità nella superficie terrestre come le montagne e le valli, dalla distribuzione non omogenea delle fonti di calore associate a sistemi convettivi, e dai processi atmosferici altamente dinamici quali le correnti a getto e frontali. Infine la forza gravitazionale riequilibra il sistema tramite le onde di gravità. L' ampiezza delle onde gravitazionali verticali aumenta con l'altitudine, dove proporzionalmente, la densità dell'aria diminuisce. Le onde possono irrompere nella stratosfera e nella mesosfera interrompendo, accelerando o rallentando il flusso di circolazione in queste regioni superiori. Infine, possiamo conlcudere affermando che le onde gravitazionali rappresentano una delle principali incertezze che riguardano la comprensione dello studio di determinati fenomeni atmosferici. Riferimento: GRAVITY WAVES - INSTITUTE OF ENERGY AND CLIMATE RESEARCH (IEK).