giovedì 30 marzo 2017

L'agricoltura irrigua rappresenta circa il 70 per cento dei prelievi di acqua dolce a livello mondiale, l'11 per cento il commercio

L'irrigazione che alimenta le colture, soprattutto nei paesi aridi, sta riducendo il volume delle falde acquifere oltre le loro capacità.
L'esaurimento delle acque sotterranee è dovuto anche al commercio alimentare mondiale, che insieme, potrebbe causare in futuro delle potenziali crisi alimentari. Grano, riso, zucchero, cotone e mais sono le principali colture che vengono scambiate a livello internazionale. Secondo il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo delle risorse idriche mondiali, per produrre questi beni, molti Paesi utilizzano l'agricoltura irrigua, che rappresenta circa il 70 per cento dei prelievi di acqua dolce a livello mondiale. Le fonti di acqua dolce, che in questo caso sono rappresentate dalle falde acquifere sotterranee, si rigenerano così lentamente che vengono considerate essenzialmente una risorsa non rinnovabile. Un nuovo studio pubblicato su Nature, Dalin et al., (2017), condotto da ricercatori della University College di Londra e dal Goddard Institute della NASA, dimostra che l'11 per cento delle acque sotterranee non rinnovabili a livello globale,  predisposte per l'irrigazione, alimentano le colture che vengono poi scambiate sul mercato internazionale. 
Inoltre, due terzi delle coltivazioni esportate che dipendono dalle acque sotterranee non rinnovabili, sono prodotti in Pakistan (29 per cento), Stati Uniti (27 per cento), e in India (12 per cento). Secondo le previsioni tra il 2011 e il 2050 la popolazione mondiale dovrebbe crescere del 33%, passando da sette a 9,3 miliardi (UN DESA, 2011); nello stesso periodo la domanda di prodotti alimentari crescerà del 60% (Alexandratos and Bruinsma, 2012). Inoltre, secondo le proiezioni, il numero di residenti in aree urbane dovrebbe quasi raddoppiare, passando da 3,6 miliardi nel 2011 a 6,3 miliardi nel 2050 (UN DESA, 2011). Il Baseline Scenario del Global Environmental Outlook 2012 pubblicato dall’OCSE (OECD, 2012a) prevede una pressione crescente sulla disponibilità di acqua dolce da qui al 2050, con 2,3 miliardi di persone in più che vivranno in aree caratterizzate da una grave carenza di risorse idriche, in particolare in Africa settentrionale e meridionale e in Asia meridionale e centrale. Secondo un altro rapporto entro il 2030 il mondo potrebbe far fronte a un deficit globale della risorsa idrica pari al 40%, percentuale ricavata in base allo scenario BAU (business-as-usual) (2030 WRG, 2009).
Fonte: UNESCO

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